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I fratelli Mario e Roberto Occhiuto

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Roberto Occhiuto è il candidato del centrodestra in Calabria alle prossime regionali.

Un talento della politica, masticata da quando era ragazzino, condivisa in forme diverse con il fratello Mario, il maggiore, 57 anni, un lustro più grande di Roberto. Insieme hanno sempre tirato dritto come rette parallele, proiettati alla cima del Palazzo e del potere.

Figli di un commerciante ortofrutticolo all’ingrosso di Cosenza, allevati in parrocchia al cattolicesimo praticante (Mario da sindaco durante il Covid ha esposto lo stendardo della Madonna del Pilerio dal balcone di Palazzo dei Bruzi), i due fratelli sono la rappresentazione plastica del ceto medio espansivo che diventa razza padrona della politica parando assalti e restituendo colpi bassi a destra e sinistra.

Mario è un lobbysta all’americana. Appena laureato in Architettura a Firenze a Cosenza fonda i Giovani Professionisti iniziando un’ascesa che in un quarto di secolo lo vedrà lanciato nell’olimpo di quelli che contano.

Roberto, invece, studia vicino casa economia all’Unical. È ben visto dai docenti gauche e cattocomunisti che forgiano nuova classe dirigente. Riceve la proposta di una Borsa ad Israele per avviare la carriera universitaria. Preferirà la politica partendo dal basso. Negli ultimi anni della Dc fa palestra al consiglio circoscrizionale. Da allora sarà quasi sempre eletto.

Passa al consiglio comunale di Cosenza tra la sparuta rappresentanza che si schiera con il morente pentapartito e si fa le ossa come oppositore di Giacomo Mancini eletto sindaco a furor di popolo.

Mario e Roberto hanno però già lo stigma del berlusconismo d’azione più che politico. All’ombra di Franco Petramala, a Rende fanno nascere un polo televisivo d’avanguardia che investe in tecnologie e professionisti. In pochi anni acquisiranno altre due antenne storiche dell’etere locale. Quasi monopolisti, adoperano con successo la tv come strumento politico.

Franco Petramala è il dominus della vecchia Usl locale. È lui il mentore dei fratelli Occhiuto. Franco, cervello fine, già segretario regionale della Dc, e il giovane emergente Mario Occhiuto, che cura con le sue cooperative la manutenzione dell’Ospedale, finiscono arrestati, ma anni dopo saranno prosciolti da ogni accusa. Le strade politiche poi si separeranno. Petramala verso Loiero, Mario verso Berlusconi. 

Roberto fa opposizione dura. Occupa con un consigliere comunale comunista la stanza del sindaco Giacomo Mancini, sospeso per il rinvio a giudizio per mafia. Il gioco si fa duro. La politica è l’arte del possibile. Roberto va a Canossa, Mario dialoga con Mancini da emergente presidente dell’Ordine degli architetti a Cosenza. Sarà pace armata.

Roberto Occhiuto prosegue la sua ascesa creando consenso tra i giovani, i gruppi sociali emergenti, una nuova generazione di amministratori. Come un pendolo moderato oscillerà con tattica tra Forza Italia e partiti di ispirazione democristiana.

Viene eletto con Forza Italia al Consiglio regionale nella presidenza Chiaravalloti. Lo scontro interno è con la famiglia Gentile, stessa provenienza popolare ma di area socialista.

La televisione viene schierata contro lo stato maggiore forzista. Roberto è deferito ai probiviri. Pierferdinando Casini lo accoglie a braccia aperte nel Ccd con cui sarà rieletto in Consiglio regionale. La corsa continua come deputato nel 2008 dell’Unione di Centro. Il nuovo mentore si chiama Lorenzo Cesa, che nel 2013 ne provoca l’unico intoppo elettorale.

Occhiuto è numero due della lista in Calabria. Il capolista Cesa, candidato in più circoscrizioni, opta per il collegio regionale che esclude Roberto da Montecitorio. Ma Occhiuto ritorna a Forza Italia e, sei mesi dopo, l’elezione di Cesa all’europarlamento ne consente il ritorno a Roma. Nel 2018 non avrà problemi a farsi confermare nella lista bloccata di Forza Italia.

Mario nel frattempo è diventato un professionista di successo. La tv è stata venduta e gli incarichi professionali sono internazionali, riceve premi, frequenta la Cina, è di casa alla Biennale e si muove a suo agio nella globalizzazione imperante.

Mario diventa sindaco di Cosenza con uno schieramento di centrodestra. Sarà anche presidente della Provincia. La sua visione del bello estetico unita ad un decisionismo spinto ne fanno un protagonista tra luci ed ombre.

Acquista popolarità trasversale puntando sulla movida, l’arte, una buona comunicazione sui social. Porta al compimento il ponte di Calatrava avviato da Mancini, lasciando un segno architettonico rilevante che spacca l’opinione pubblica come è avvenuto in tutto il mondo per tutte le opere della celebre archistar.

Inizia a dividere la città quando punta sul mito di Alarico come attrazione turistica. Scivola quando alla Bit di Milano su un opuscolo compare l’effige del nazista Himmler esegeta del re barbaro. Viene sfiduciato dalla sua maggioranza ma viene rieletto sindaco al primo turno.

Sfrutta al meglio la sua politica eterodiretta del Cosenza Calcio portando un presidente che fa business con la raccolta dei rifiuti. Illumina i monumenti, fa il paesaggista della politica ideando Parchi del Benessere e residenze artistiche.

Il consenso inizia ad erodersi. Ma Mario, con l’instancabile sostegno di Roberto, prepara il grande salto a presidente della Regione con tanto di convention all’americana a Lamezia Terme.

La magistratura però bussa alla sua porta. Troppe volte.

La procura di Cosenza lo indaga per bancarotta fraudolenta e chiede conto di tre milioni. Il processo è in corso di svolgimento. Ma la vicenda che frena la corsa verso il piano alto della Cittadella di Catanzaro è una grande inchiesta sui lavori pubblici che diventa un enorme processo mediatico. Quella giudiziaria nei suoi confronti è finita a nulla.

All’epoca Salvini, molto in ascesa, nel suo furore legalitario, blocca la candidatura di Mario. Roberto consiglia, tesse, lavora tra Roma e Arcore per favorire il fratello. Jole Santelli, molto vicina agli Occhiuto, viene chiamata da Berlusconi a scendere in campo come candidata. I fratelli non la prendono bene, si agitano, annunciano scissioni, alla fine si allineano. Jole trionfa ma con gli Occhiuto non ci sarà riconciliazione. Infatti, le sorelle del defunto presidente, hanno intimato di non adoperare il nome feticcio di Jole nella prossima campagna elettorale.

Mario ha intanto sul groppone ancora un’indagine per truffa e peculato su rimborsi spese che mai sarebbero avvenuti e un processo a Roma con l’ex ministro Clini per presunte commesse illecite in Cina che sarebbero state ricambiate con l’assessorato comunale alla sua compagna.

Sulle inchieste, in un’intervista al Quotidiano, l’altro giorno Mario Occhiuto ha risposto: “Ho la coscienza a posto”. Ha anche annunciato che tornerà a fare l’architetto e nel suo bilancio da sindaco ritiene di aver lasciato una Cosenza più attrattiva.

Per Roberto Occhiuto, quasi mai invece sfiorato da inchieste giudiziarie, si avvicina una nuova sfida elettorale. Abbracciato a Berlusconi e con il non molto gradito ticket con Nino Spirlì, punta ad essere il più giovane presidente della Regione Calabria. Vincerà ancora una volta?

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