Mario Oliverio
9 minuti per la letturaCOSENZA – E’ stato in silenzio per un anno e mezzo Mario Oliverio, l’ex Governatore che il Pd si è dimenticato di aver avuto. Due giorni fa, però, in un’intervista a Radio Radicale ha spezzato questo silenzio. Oggetto dell’intervista erano i referendum sulla giustizia, ma Oliverio ha parlato anche della situazione del Pd calabrese.
Perché dopo un anno e mezzo ha rotto il silenzio?
«Per chi come me ha creduto e continua a credere nella sinistra e nel campo delle forze progressiste come opportunità di riscatto economico, sociale e civile è davvero triste assistere alla deriva di questa fase. C’è il rischio che sia travolto un patrimonio politico, culturale, umano che ha segnato la vita e la storia democratica della Calabria».
Da dove nasce quella che lei definisce deriva?
«La grave sconfitta registrata alle ultime regionali è stata velocemente e colpevolmente archiviata. Eppure erano da ricercare lì, nel modo come è stato affrontato quell’appuntamento, molte delle cause che sono alla base delle difficoltà di questi mesi. Fu Roma, sostenuta dagli ascari locali, ad impedire le primarie per la scelta del candidato a presidente della Regione. Fu Roma a proporre Callipo presentandolo come il “moderno Olivetti” che avrebbe trasformato la Calabria all’insegna della legalità e del buongoverno. Fu rimossa e mortificata una esperienza di governo dei cinque anni precedenti che aveva visto la centralità del Pd con una maggioranza di 19 consiglieri su 30. Un’esperienza che, sia pure con limiti ed in una situazione difficile, aveva gettato le basi per un riscatto strutturale della nostra regione e messo in campo una visione per il futuro della Calabria».
Lei parla di centralità del Pd, eppure fece una giunta tecnica. Perché?
«La scelta di dar vita a una giunta tecnica è stata dettata da condizioni che rischiavano di esporre il consiglio regionale ad una campagna denigratoria che utilizzando strumentalmente alcune vicende giudiziarie tendeva a delegittimare le istituzioni e a gettare fango sulla Calabria. Quella scelta, come ebbi modo di dire, tendeva a spezzare quel gioco al massacro e a rilanciare la centralità del consiglio regionale. Con la giunta tecnica, poi, si era dato vita ad una esperienza che tendeva a dare centralità alla funzione politica liberandola dal peso della gestione che in passato aveva contribuito a piegare la politica e la funzione di rappresentanza all’esercizio della pratica dello scambio finalizzato al consenso».
Ma chi sono gli ascari di cui parla?
«Gli esponenti locali delle correnti nazionali. I nomi e il pressing su Roma e i rispettivi leader per evitare le primarie ed interrompere quella esperienza di governo, pensando di aprire spazi di sostituismo, sono a tutti noti».
Nella sua mancata riconferma quanto hanno influito le sue battaglie sulla sanità, non solo per il superamento del commissario ma anche sul fronte della utilizzazione delle risorse pubblico/privato?
«Quella esperienza di governo fu caratterizzata da un rapporto di pari dignità con i poteri centrali a partire da quello col Governo nazionale. La nostra impostazione era ispirata da un comandamento: prima di tutto la Calabria con i suoi problemi. Non bisogna dimenticare anche il modo come si arrivò alla mia candidatura a presidente della regione».
Ce lo ricordi…
«Attraverso le primarie ostacolate all’inizio da settori locali del Pd che facevano riferimento alla segreteria nazionale. Nello stesso atto di nascita di quella esperienza c’era una impostazione autonomistica, libera da contrattazioni con il potere romano o peggio ancora con le strutture correntizie»
Ma tutto questo che c’entra con la sanità?
«Questa premessa è necessaria per capire anche quanto è avvenuto nella sanità, che, come è noto, ha un’incidenza di oltre il 60% delle risorse del bilancio regionale. Malgrado gli impegni assunti sul superamento del commissariamento si è procrastinata una situazione che durava dal 2010. E’ evidente che attraverso l’istituto del commissario veniva sottratto al potere ordinario della Regione una competenza importante. Il commissario infatti ha continuato a gestire le politiche sanitarie esautorando sostanzialmente la Regione e ponendosi come longa manus del potere centrale. Una situazione grave che ha prodotto la condizione che è sotto gli occhi di tutti la cui responsabilità è dei governi che si sono succeduti dal 2010 ad oggi».
Insomma i commissari non sembrano portare bene, che ne pensa del lunghissimo commissariamento del Pd?
«Guardi dopo la pesante sconfitta, di oltre 30 punti percentuali, sarebbe stata necessaria una riflessione ed una discussione ampia e partecipata. Niente di tutto ciò, tutto è scivolato come l’acqua sulle pietre nel fiume. Si è continuato in una gestione commissariale grigia e burocratica, alla quale si sono aggrappati alcuni eletti nel consiglio regionale ed in Parlamento preoccupati esclusivamente del loro destino personale. Quanto si sta verificando purtroppo dice che da Roma anziché aiutare a costruire una condizione di normalità democratica hanno inviato veri e propri commissari liquidatori».
Graziano rivendica di aver scelto la migliore risorsa possibile nel Pd calabrese, ovvero Nicola Irto…
«La stessa candidatura di Irto, al di là delle sue qualità umane, per il modo come è stata concepita e portata avanti è nata nel segno della continuità del contesto precedente ovvero con una impostazione ristretta ed il coinvolgimento di pochi eletti. Un errore politico e di metodo che si doveva e poteva evitare».
Cosa avrebbe dovuto fare, secondo lei, Irto?
«E’ evidente che sulla candidatura di Irto ha pesato e non poco la condizione di inerzia del Pd. Nicola, a cui non manca la necessaria intelligenza, avrebbe dovuto assumere lui il compito di supplire al vuoto di iniziativa politica del Pd. Avrebbe dovuto mettere in campo il piglio proprio del leader. Determinare una larga partecipazione coinvolgendo un vasto campo di energie a partire dalle realtà locali attraverso un contatto diffuso e diretto, tessere con pazienza una coalizione la più ampia possibile, recuperare su un progetto inclusivo forze, soggetti, competenze»
Dice così perché non è stato coinvolto?
«No, non sono stato coinvolto ma questo è un problema prima che di Irto del Pd. Il punto però non è Oliverio. Piuttosto si è rimasti prigionieri della tattica in attesa che Roma decidesse l’alleanza con i 5 Stelle. Un grave errore in primo luogo perché le alleanze si costruiscono sui territori interessati e poi vorrei ricordare che i 5 Stelle in Calabria non hanno un consenso tale, vedi ultime regionali, da poter dettare in toto la linea da seguire e i candidati da scegliere per la presidenza della Regione e persino nelle liste del Pd».
Esiste secondo lei questa rincorsa del Pd a de Magistris?
«Non ho informazioni dirette su quanto mi chiede. Leggo dalla stampa e apprendo da dichiarazioni del diretto interessato, di contatti con alcuni esponenti nazionali del Pd e rimango perplesso. Ho visto che gli è stato proposto di partecipare a ventilate primarie. Capisco il gioco tattico proprio di situazioni come queste, ma mi permetta di dirle che una scelta politica di alleanza deve innanzitutto muovere dai contenuti e dai progetti di cui sono portatori ed espressione le forze in campo. Ritengo che rincorrere l’ex pm è stato e continua ad essere un errore».
Insomma un pre-elezioni costellato di errori per il Pd. Lei invece annuncia una sua iniziativa. Con quale obiettivo?
«E’ forte il disagio negli amministratori, nei dirigenti locali, nel popolo del Pd e del centrosinistra. E’ comprensibile in questa situazione lo smarrimento di tante forze che assistono con sofferenza e perplessità a questa deriva rispetto alla quale non si può rimanere indifferenti. Per questo ritengo necessaria una iniziativa per offrire spazi di partecipazione e di confronto e dare punti di riferimento a tante forze che altrimenti potrebbero ripiegare nella rinuncia e nella rassegnazione. E’ una preoccupazione la mia, sincera, che scaturisce anche dai tanti contatti, sollecitazioni, interrogativi a cui sono sottoposto quotidianamente».
Sì, ma si candida o no?
«Assumere una iniziativa non significa pensare o proporre candidature. La confusione che stiamo vivendo non può lasciare indifferenti di fronte alla preoccupazione diffusa che pervade la comunità ed il campo che non ho mai abbandonato e che sento mio. Avverto che non si può rimanere passivi di fronte a processi che rischiano di travolgere, ripeto, un grande patrimonio di energie necessarie ad un reale riscatto della Calabria e al suo futuro».
Eppure torna spesso l’indiscrezione di una sua vicinanza a de Magistris complice il suo rapporto con Mimmo Lucano…
«Come è noto Mimmo Lucano ha avuto il mio pieno sostegno per quanto ha saputo fare a Riace pagando un prezzo salato sul piano personale. Quella esperienza andrebbe recuperata e rilanciata. Il mio rapporto di stima e sincera amicizia con lui non possono però essere utilizzati strumentalmente; con de Magistris non ho mai avuto contatti e come è noto, perché ho avuto modo di dirlo più volte, non condivido il suo percorso politico, la cultura di cui è espressione ed il suo approccio. La stessa esperienza politica del sindaco di Napoli non ha alcun radicamento con la Calabria, i suoi territori, le sue problematiche. Sul piano amministrativo, poi, l’ex pm è espressione di una esperienza, quella di Napoli, che presenta un bilancio assolutamente negativo che non mi pare possa costituire un titolo di merito per affidargli il Governo della Regione».
Ma non è che a furia di litigare fra voi vi dimenticate del centrodestra?
«Decisamente no. Le prospettive della Calabria non possono essere affidate ad un centrodestra privo di una visione per il futuro ed espressione di vecchie pratiche politiche e di potere. Lo abbiamo rivisto all’opera in questi mesi di cosa è capace: completa assenza di idee e programmazione, ritorno alla discrezionalità nell’uso delle risorse e degli enti subregionali, nomine lottizzate, totale assenza di iniziativa e di proposta nei confronti del Governo nazionale su temi vitali per la nostra regione come quelli del precariato, del lavoro, del sostegno alle imprese, delle infrastrutture».
Questo è il suo giudizio, ma quello che conta è quello degli elettori. In altri termini bisogna che vinciate per scongiurare questo che prospetta…
«Non mi arrendo all’idea secondo cui per il centrosinistra è già scritta la sconfitta alle prossime regionali. Ritengo a differenza di quanti si accontentano di qualche seggio all’opposizione in consiglio regionale, che malgrado i ritardi ed i danni prodotti si debba lavorare per riannodare le fila e ricostruire un vasto campo di forze progressiste e democratiche per il governo di cui la Calabria ha bisogno per vincere la sfida del riscatto attraverso l’utilizzazione delle consistenti risorse che la nuova programmazione europea ha destinato al nostro Paese e al Sud».
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