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LE AUTOSTRADE dopo 22 anni tornano in mano pubblica: il consorzio guidato da Cdp, controllata dal Tesoro, ha raggiunto l’accordo con Atlantia per l’acquisizione dell’88,06%  della concessionaria cui fa capo una rete da tremila km su cui mediamente transitano circa 4 milioni di auto al giorno. In vendita anche la partecipazione dell’11,94% che fa capo agli azionisti di minoranza. L’acquisizione, che verrà completata nei prossimi mesi sarà fatta attraverso Holding Reti Autostradal. (Hra) posseduta da Cdp Equity (51%), dagli americani di Blackstone (24,5%)  e dagli australiani di Macquarie(24,5%).

Il prezzo è di 9,3 miliardi di cui 200 milioni come commissione per i flussi di cassa dal 1 gennaio 2021 alla data del closing prevista nel primo trimestre 2022 .

Si chiude così una lunga e controversa storia iniziata il 14 agosto del 2018 con il crollo del Ponte Morandi di Genova. Da allora sono passati quasi tre anni fra trattative, polemiche, minacce e tentativi di riconciliazione. Da quell’agosto 2018 il M5s considera la revoca della concessione ad Aspi come un passaggio assolutamente imprescindibile. Inizia così il braccio di ferro tra la controllante di Aspi, Atlantia e il governo.

Oggi rispetto al 2018 sono cambiati tre governi (allora c’era il Conte I), gli equilibri politici sono mutati, le posizioni oltranziste si sono attenuate. Lo scontro alimentato dai Cinquestelle ha raggiunto solo parzialmente gli obiettivi immaginati. Avevano garantito che avrebbero costretto i Benetton a lasciare l’Italia poveri e disperati. In realtà la dinastia trevigiana esce con un tesoretto da 2,4 miliardi che potranno utilizzare sotto forma di dividendo straordinario oppure lasciare nel gruppo per future iniziative. Proprio questa conclusione ha alimentato nuove polemiche di cui  si fanno portavoce i parenti delle quarantatre vittime della sciagura del Ponte Morandi giudicando la conclusione dell’operazione “uno schiaffo ai nostri morti”. 

Contestazioni arrivano anche dall’interno della maggioranza. Dice Lucio Malan, vice presidente vicario di Forza Italia al Senato:  Un affare dove straguadagnano ancora una volta Atlantia e i Benetton, straguadagnano “investitori” privati stranieri, il tutto a spese degli utenti. Dai presunti ‘investitori’ stranieri non arriveranno risorse in piu’, ma solo prestiti a caro prezzo, i cui interessi saranno ripagati dai cittadini italiani. Potranno infatti spartirsi utili pari a 1 miliardo all’anno, portando il rendimento dell’equity al pauroso tasso annuo del 40%”. Il nuovo corso di Cassa Depositi e Prestiti con il nuovo amministratore delegato Dario Scannapieco al timone comincia, dunque, con l’attuazione di un progetto infrastrutturale cruciale i cui obiettivi  sono indicati oggi dal consorzio stesso.

Sono quelli di “contribuire alla realizzazione di un vasto piano di investimenti in tutta la rete autostradale di Aspi; promuovere il miglioramento della rete per agevolare la digitalizzazione e l’innovazione; migliorare l’efficienza dei programmi di manutenzione dell’infrastruttura per garantire i massimi livelli di prestazioni e sicurezza per gli automobilisti” . Mentre Cdp si appresta ad affrontare questa nuova “mission”, i riflettori si puntano anche su quella che sarà la futura strategia di Atlantia senza le autostrade italiane. Il gruppo infrastrutturale in questi mesi non è stato fermo e ha già elaborato un programma di sviluppo in cui usare gli 8 miliardi della vendita.

In parte sarà ripianato il debito e circa 5 miliardi di euro saranno reinvestiti in nuovi asset, con priorità su aeroporti, autostrade (usando Abertis come leva di sviluppo internazionale per partecipare a nuove gare nel mondo) e nelle nuove forme di mobilità sostenibile. Inoltre, è previsto uno sviluppo dei servizi di pagamento digitale di Telepass a livello europeo. A poco meno di tre anni dalla tragedia del Ponte Morandi e a quasi un anno dall’accordo a Palazzo Chigi, la firma del contratto segna un passaggio storico In particolare, negli ultimi 11 mesi, dopo l’intesa raggiunta a metà luglio, l’operazione ha viaggiato sulle montagne russe tra fasi di stallo e spesso a un passo dal fallimento. 

Che la strada fosse ormai in discesa lo si era capito dal cda di Atlantia del 30 aprile scorso che riconosceva i miglioramenti apportati all’offerta dal consorzio Cdp-fondi e faceva presente che, allo stato attuale, l’unica concreta alternativa all’offerta per la dismissione della partecipazione in Aspi consisteva nel proseguire e portare a termine le iniziative di contenzioso già avviate sia in sede amministrativa in Italia sia in sede europea. Da ricordare poi che a smuovere le acque era stata la manifestazione di interesse presentata dal patron di Acs Florentino Perez, che però non si è tradotta in un’offerta.


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