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Il parlamento italiano

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Il problema dei costi e delle procedure che l’Europa sta ponendo all’Italia nelle sue negoziazioni informali non va affatto sottovalutato. Noi facciamo finta di non capire che su quali criteri utilizzeremo, sulla capacità di quantificare i bisogni finanziari e di rendicontare le realizzazioni, l’Europa emetterà titoli che assicurano la provvista per le nostre realizzazioni. Ministeri e Regioni devono cambiare totalmente il loro modo di fare

L’assestamento di bilancio di fine mese prenderà atto di tutto ciò che è stato autorizzato dal Parlamento in tema di scostamenti di bilancio. Che sono le spese extra autorizzate con i decreti a debito e che non sono noccioline.

Si farà il necessario monitoraggio e si terrà conto delle stime del Documento di economia e finanza (Def) sull’anno 2021 e di come sono cambiate le entrate nei mesi terribili del nuovo ’29 mondiale.

Nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) a settembre si faranno i conti veri e lì ci sarà il “denudamento” della situazione reale. Si si capiranno gli impatti macroeconomici, si percepirà la tendenza e si potranno cogliere i segnali che servono. Si avranno, insomma, i numeri rilevanti per capire che cosa bisogna fare. Se sarà necessario un ulteriore scostamento e per fare cosa o se non sarà necessario accelerando su altro. Chi vivrà, vedrà.

C’è qualcosa, però, di molto importante che toglie il sonno al Ragioniere generale dello Stato perché prepara il Paese a quell’appuntamento e, su questo punto, non sono ammessi ritardi o sbavature.

Stiamo parlando del decreto sulle procedure finanziarie per la gestione delle somme del Recovery Plan in via di preparazione. Non vi fate spaventare dai tecnicismi, ma dietro quelle procedure finanziarie c’è una parte rilevantissima della scommessa da vincere per il futuro del Paese.

Sono l’altra faccia delle semplificazioni e dell’applicazione dei bandi, il monitoraggio e la rendicontazione dell’utilizzo delle risorse europee. Bisogna rendersi conto che ci sarà un’anticipazione cospicua (25 miliardi) presumibilmente entro luglio, ma il resto sono soldi che anticipa la Ragioneria e mette a disposizione di ministeri, regioni, comuni – diciamo di tutti i soggetti attuatori – e che si presume che l’Europa poi restituirà all’Italia in base al corretto impiego di quelle risorse nei modi concordati e nei tempi prestabiliti.

Il quadro finanziario del progetto deve essere disponibile prima della gara con la descrizione minuziosa di tutte le risorse disponibili. Al di fuori dell’acconto estivo del 12/13% sulla somma totale che è scalabile dal computo finale, il quadro finanziario dovrà garantirlo il bilancio pubblico italiano.

Che non vuol dire nient’altro che, come già detto, la Ragioneria generale dello Stato continuerà ad anticipare “protetta” dalle decisioni di governo e parlamentari di finanza pubblica, ma se non realizziamo gli obiettivi il Paese va davvero in toto a debito, trasforma le anticipazioni interne in debito oneroso.

Perché la Commissione europea rimborsa le somme anticipate con contributi a fondo perduto o a tasso di favore, ma a fronte di buoni progetti e di buone realizzazioni. Altrimenti non è che non abbiamo i soldi europei, è che facciamo proprio default.

Per questo il problema dei costi e delle procedure finanziarie che l’Europa sta ponendo all’Italia nelle sue negoziazioni informali non va affatto sottovalutato. Noi facciamo finta di non capire che su quali criteri utilizzeremo, sulla capacità di quantificare i bisogni finanziari e di rendicontare le realizzazioni, l’Europa emetterà titoli che assicurano la provvista per le nostre realizzazioni.

Dobbiamo sapere rispondere a queste domande che chi partecipa alle negoziazioni informali ben conosce. Come arrivi a quel costo? Con quali criteri lo determini? Quanto costano le materie prime e quanto i materiali utilizzati in genere? Quanto costa la mano d’opera?

Per rispondere a queste domande dobbiamo cambiare il nostro modo di fare. Che è più o meno così: dammi 500 milioni, che faccio io. No, non è così, non è che parti senza progettazione e senza quadro economico finanziario, e ti accorgi poi dopo che quello che hai chiesto/avuto è poco o troppo poco.

Tutto deve essere fatto ex ante, non ex post. Abbiamo un drammatico bisogno di una squadra di prim’ordine di valutatori degli investimenti delle Regioni, soprattutto, ma anche di molti ministeri. Se arriviamo a fare previsioni di spesa per la pedemontana veneta che valgono per importi pari a quelli necessari per la realizzazione di tre ponti sullo Stretto, capirete da soli che quell’autostrada tanto breve quanto infinita nei tempi e nei costi è più vicina a un tunnel che a una strada veloce.

Da questa anarchia pelosa dei costi o si esce in fretta ricostituendo a livello centrale un nucleo credibile di valutazione degli investimenti o siamo spacciati. Nessuno, per carità di patria, osi mettersi di traverso a chi sa qual è il problema e sa anche come risolverlo.


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