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POTENZA – Potrebbe essere riesumato il corpo di Anna Esposito, il commissario della Polizia ritrovato nel suo appartamento di servizio nella caserma Zaccagnino di Potenza il 12 marzo del 2001 impiccato alla maniglia della porta del bagno.
Nei giorni scorsi il pm Sergio Marotta, che ha riaperto il caso e ipotizza che si sia trattato di un omicidio volontario, ha designato il consulente che dovrà analizzare da capo i risultati degli esami effettuati sul corpo, dodici anni orsono, dal direttore dell’Istituto di medicina legale dell’Università degli studi di Bari, Luigi Strada, e da Rocco Maglietta, ex direttore della struttura complessa di Medicina Legale dell’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, attualmente in “prestito” come direttore generale della Azienda sanitaria di Matera.
A svolgere l’incarico – delicato e con pochi precedenti – sarà un noto professore di istologia (studio dei tessuti vegetali ed animali, ndr) ed embriologia medica di Napoli. Tra i quesiti a cui dovrà risponderec’è anche quello sulla necessità – o meno – di procedere alla riesumazione del corpo per spazzare via una volta per tutte il sospetto che non si sia trattato di un suicidio, ma di un delitto vero e proprio.
A chiedere con decisione la riapertura del caso, la scorsa estate, era stato il padre di Anna Esposito depositando negli uffici della procura di Potenza una prima consulenza che egli stesso aveva commissionato. Stando a questa sarebbe stato tecnicamente impossibile che la figlia, 35enne separata e madre di due bimbe, si fosse uccisa in quel modo.
Le circostanze prese in considerazione, oltre all’evidente “stranezza” di un gesto autolesionista di quel tipo, sono state diverse. «Un’impiccagione atipica e incompleta», così all’epoca veniva descritta la scena in gergo medico legale. Infatti la fibbia non sarebbe stata stretta sulla nuca, ma appena sotto l’orecchio destro, in più i colleghi della donna accorsi nel suo appartamento non vedendola arrivare in ufficio non avrebbero trovato il corpo sospeso a mezz’aria bensì «seduto sul pavimento», data l’esigua altezza della maniglia a cui era “appeso”.
Chiaro quindi che sia questo – prima di ogni altro aspetto collaterale della vicenda di tipo personale – quello su cui gli inquirenti vogliono tentare di pronunciare una parola nuovo superconsulente della procura di Potenza sarà fondamentale per il prosieguo delle indagini, anche perché avrà libero accesso all’intero fascicolo sul giallo della caserma Zaccagnino, che in realtà contiene molta più documentazione di quella esaminata dai consulenti di Vincenzo Esposito.
Il giallo della caserma Zaccagnino, sepolto per quasi dieci anni nei sotterranei del Tribunale del capoluogo, era riemerso nel 2010 a partire da un’altra denuncia dei familiari della bella poliziotta, su un presunto collegamento con il mistero di Elisa Claps e del duplice omicidio Gianfredi. Per questo motivo i faldoni erano partiti in direzione Salerno, sede un tempo competente per le inchieste che coinvolgevano anche magistrati in servizio nel distretto giudiziario lucano (si veda proprio Claps e Gianfredi), per poi tornare a Potenza a giugno dell’anno scorso, dopo che i pm campani ne avevano escluso la sussistenza di quel collegamento.
l.amato@luedi.it
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