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Un braccio di ferro tra ministeri, una forte spinta a far lievitare le assunzioni previste in relazione al Recovery plan.

È lo scontro sotterraneo che tiene in scacco per giorni il decreto sul reclutamento, un pilastro essenziale per rendere attuabile il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), insieme alle norme sulle semplificazioni e sulla governance approvate la scorsa settimana.

Una partita su cui il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha giocato in prima linea. Considera il reclutamento di tecnici altamente specializzati la chiave di volta per il successo del programma.

Soprattutto per quanto riguarda i rapporti con Bruxelles. Tuttavia ha dovuto fare i conti con le gelosie dei ministri e, soprattutto delle strutture burocratiche impegnate a proteggere i loro orticelli e le cordate interne.

Senza preoccuparsi più di tanto dei livelli di competenza.

Il premier Mario Draghi convoca in serata una cabina di regia per provare a portare il provvedimento in Consiglio dei ministri. E tiene il punto su un principio: il Pnrr non può aprire un varco ad assunzioni indiscriminate nella Pubblica amministrazione ma dovrà essere in linea con i principi dettati dall’Ue, garantire il reclutamento di professionisti e tecnici da impegnare, da qui al 2026, nell’attuazione del piano.

Il decreto disegnato dal ministro Brunetta prevede concorsi semplificati e più veloci per le assunzioni (a termine) legate al Recovery, un portale unico sul modello Linkedin per ingaggiare alte professionalità.

Ma anche l’attuazione di alcuni contenuti del Patto per l’innovazione della pubblica amministrazione a partire dai premi al merito che si potranno ottenere grazie al superamento del tetto al salario accessorio, introdotto dal 2017.

Ma il ‘perimetro’ del provvedimento dovrebbe restringersi per non travalicare i paletti dettati dall’Ue.

In consiglio dei ministri dovrebbe arrivare un decreto funzionale al Recovery, con le assunzioni (che fanno storcere il naso a una parte della maggioranza) per rafforzare la Ragioneria, ma senza quelle ‘infornate’ di personale nei diversi ministeri per le quali hanno spinto per giorni tutti i partiti. Draghi ne discute nel pomeriggio con Brunetta, dopo una serie di riunioni tecniche per trovare la soluzione più equilibrata: il ministro, raccontano fonti governative, è contrario in particolare all’ipotesi di rinviare il provvedimento alla prossima settimana e con il premier spinge per chiudere la partita.

E in serata Draghi convoca i ministri rappresentanti di tutti i partiti della maggioranza, in una riunione della cabina di regia (sono assenti Daniele Franco e Roberto Speranza, in Gran Bretagna per il G7) in vista di un Consiglio dei ministri che potrebbe tenersi in mattinata.

Negli ultimi giorni è salito fino a 25mila il conteggio delle possibili assunzioni legate al decreto per il reclutamento nella Pa, di cui 22mila solo nel settore della giustizia, più 1000 professionisti per la task force per la digitalizzazione delle procedure dell’amministrazione pubblica, altre figure da assegnare alle task force di sostegno agli enti locali e 350 assunzioni destinate alla Ragioneria dello Stato per il monitoraggio e le rendicontazioni del Recovery plan.

Queste ultime sono state già stralciate dal decreto sulle semplificazioni ma sono considerate imprescindibili nel nuovo decreto, dal momento che da qui passa l’attuazione del Pnrr e bisogna farsi trovare pronti se da luglio, come il governo auspica, arriverà da Bruxelles la prima tranche da 25 miliardi. Con l’approvazione del decreto – che dovrebbe essere seguita da una conferenza stampa – si chiuderà la “fase 1” di costruzione della struttura del Piano di rilancio italiano.

Nel frattempo, mentre Draghi si confronta sulle misure per la ripartenza anche con la leader di Fdi Giorgia Meloni, prosegue a livello parlamentare il dibattito sulle misure anti crisi già approvate dal governo.

In un’audizione alla Camera l’Istat, rappresentata da Francesco Maria Chelli, chiede l’approvazione di un emendamento che introduca una sanatoria per evitare a 2300 imprese e 330 istituzioni una sanzione da circa 1000 euro per violazione dell’obbligo di risposta a rilevazioni statistiche nel corso della pandemia.


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