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POTENZA – Anni fa si era sparsa la voce, ripresa anche da testate nazionali come “Repubblica”, che in Basilicata, o meglio nella parte nord del Potentino, si potesse addirittura trovare il Santo Graal. La Lucania è stata – questo è storicamente accertato –  luogo di sosta e preghiera negli anni delle Crociate. E le numerose testimonianze storiche di questo passato hanno scatenato una vera e propria caccia al tesoro. Caccia al tesoro che, negli anni, ha perso, come tutte le “mode” il suo appeal. E allora perché non approfittare di questo 15 agosto per andare alla scoperta o riscoperta di quelle tracce templari che si trovano soprattutto a d Acerenza, Castelmezzano e Forenza.
Il Santo Graal non lo troverete ma poco importa perché  forse ciò che conta è il viaggio, inteso come scoperta e ricerca. 
Il viaggio sulle tracce del Graal si concentra in particolare nei piccoli centri del potentino sparpagliati ai piedi delle Dolmiti Lucane, zona ricchissima di grandi basiliche, caratteristica che intorno al 1150 costituì l’origine del mutamento del nome della regione da Lucania in Basilicata. Il contagioso coinvolgimento della popolazione nella ricerca della preziosa reliquia nelle chiese del territorio è supportata da elementi storici che hanno alimentato la creazione del mito. Primo fra tutti è l’origine lucana di Ugo Dei Pagani, Fondatore dell’Ordine dei Cavalieri Templari nel 1118 che, secondo documenti certificati nel 1600 nel Codice Amarelli, sarebbe nato da Sigilberto ed Emma proprio in Basilicata, per la precisione a Forenza. Le sue spoglie, invece, sono custodite nella chiesa sconsacrata di San Jacopo a Ferrara, nota per la presenza di una misteriosa cripta murata. L’interesse di studiosi e curiosi si è scatenato intorno alla scoperta di simboli templari presenti nelle chiese dell’area dell’Alto Bradano e in particolare ad Acerenza, Venosa, Castelmezzano, paesi entrati improvvisamente nella mappa delle località legate al mistero del Graal, di fianco a mete più note come Rosslyn Chapel in Scozia e la chiesa di Santa Maddalena a Rennes le Château in Francia. Per molti  la Basilicata è stata sede strategica e luogo di ristoro morale e spirituale per le truppe partecipanti alla Prima Crociata nel 1095, promossa da Papa Urbano II di Cluny che per sei anni soggiornò a Banzi, e alla sesta nel 1227 quando l’arcivescovo della Cattedrale di Acerenza, Padre Andrea collaborò con Federico II per l’organizzazione della spedizione. La prima tappa dell’inedito itinerario è la Cattedrale di Acerenza, la chiesa più grande del territorio capace di ospitare 1200 fedeli per le funzioni, diventata meta irrinunciabile perché sembra nascondere un segreto nella sua cripta restaurata nel 1524 dal Conte Ferrillo Balsa, membro dell’Ordine. I turisti sono attratti da una finestrella barricata nella cripta da circa 500 anni. Ma gli elementi di interesse di questa maestosa chiesa che fu sede arcivescovile dal 1059, anno in cui il Concilio di Melfi sancì l’alleanza tra Vaticano e Normanni del Meridione, sono tanti a partire dall’assenza di croce e dalla presenza, al suo posto, del busto di Giuliano l’Apostata, persecutore dei cristiani (attualmente custodito nella Cattedrale). 
L’occhio del turista è incuriosito dalla facciata dove ci sono le sculture di due scimmie in fase di accoppiamento con due donne, simbolo del peccato lasciato fuori dalla chiesa. Lo sguardo poi si poggia su croci templari sulla facciata e, all’interno, sul sarcofago nella cripta, su un quadro del ’500 di Antonio Stabile e sui vari simboli pagani intorno alla misteriosa finestrella, dall’immagine della dea Mefitis a un Gesù in posizione di morte che viene fuori da un calice, al teschio diventato poi simbolo dei pirati, all’agnus dei. La Cattedrale, dedicata al Santo Martire Canio o Canione, nome gaelico che significa “Magnifico Sorvegliante”, è stata costruita nel 1080 da Arnaldo, abate di Cluny che era arrivato in Basilicata con i Normanni assieme a Berengario, altro monaco di Cluny, diventato poi Priore della Abbazia di Venosa, detta l’Incompiuta, altra località di questo percorso sulle tracce del Graal (entrambe finanziate da Roberto il Guiscardo). La domanda di tutti è: “Cosa doveva sorvegliare San Canio?” e, con qualche dubbio e tanta curiosità, vanno verso Venosa per scoprire i segreti dell’Incompiuta della Trinità, una delle più potenti Abbazie del Sud, nata nel V secolo su un tempio romano e ampliata più volte anche grazie a una donazione del padre di Ugo dei Pagani (1078) e luogo prediletto da Roberto di Guiscardo che vi portò la croce di Costantino nel 1081 mai ritrovata. La terza tappa è Castelmezzano, paesino arroccato tra frastagliate Dolomiti Lucane. Boemondo d’Altavilla, principe d’Antiocchia e primo normanno arrivato in zona scelse per questa località uno stemma che raffigura due cavalieri castelmezzanesi partiti volontari per la Crociata indetta da Papa Giulio II verso la fine del Mille, sotto la guida di Boemonte, Principe di Taranto.
Il paesaggio è suggestivo ed è facile scorgere tra la roccia ancora i segni evidenti dei tagli che servirono per esportare la chiesa, nota come Grande Madre, e i resti del fortilizio normanno-svevo con una gradinata stretta e ripida che va verso il cielo. Ma gli elementi maggiormente misteriosi sono custoditi nella Chiesa Madre di Santa Maria dove durante dei lavori di ristrutturazione, sono stati scoperti una porta segreta e un architrave triangolare che crea una croce templare a otto punte iscritta nella roccia: all’interno di un cerchio circoscrive un altro cerchio e, sull’icona della Madonna con il bambino detta dell’Olmo, una data A.I.D. 1117 e una frase che fa da cornice al dipinto “Hic habtta boam elegie a stlia mtna” (qui abiterò perché l’ho scelto, o stella mattutina). E’ una esplicita venerazione della Stella Mattutina tanto cara ai Templari, tramandata di maestro in maestro e che si pronuncia quando si entra in una nuova casa. Il percorso porta a Lagopesole, frazione di Avigliano, dove sorge il Castello Rosso costruito secondo il modello del Krak dei Cavalieri che padroneggia sulla valle dove, fino all’800, vi era un lago poi prosciugatosi.  Il monumento ricorda il castello rosso dei romanzi del Graal situato di fronte una rupe bianca, colore che richiama subito alla mente la “terra bianca” lucana. Il Castello è stato la residenza estiva di Federico II, unica sua abitazione ad avere all’interno una cappella. L’ultima tappa è Serra di Vaglio, nota anche come Serra San Bernardo, il santo che ha dato la “regola” ai Templari. La zona custodisce, nel santuario mariano, i resti delle dea Mefitis, intermediaria tra la vita e la morte, dea delle acque con accesso alle proprietà magiche della fonte dell’eterna giovinezza. Di recente la scoperta delle origini del fondatore dell’ordine dei templari Ugo De Payen (Ugo Dei Pagani) la cui povenienza non era la Francia, bensì la zona di Acerenza e Forenza. 
Lavori di ristrutturazione che e hanno interessato la Chiesa Madre “San Nicola di Bari” di Pietragalla hanno portato alla luce due splendide croci scolpite con abile maestria su pietra, che forniscono un impatto visivo suggestivo e nello stesso tempo stimolano una certa curiosità verso chi le osserva. 
Le croci, poste sulla facciata laterale della chiesa, richiamano molto la simbologia templare in quanto hanno la caratteristica di essere “patenti” ossia con bracci uguali che si allargano all’esterno e nello stesso tempo inscrivibili in un cerchio.

POTENZA – Anni fa si era sparsa la voce, ripresa anche da testate nazionali come “Repubblica”, che in Basilicata, o meglio nella parte nord del Potentino, si potesse addirittura trovare il Santo Graal. 

 

La Lucania è stata – questo è storicamente accertato –  luogo di sosta e preghiera negli anni delle Crociate. E le numerose testimonianze storiche di questo passato hanno scatenato una vera e propria caccia al tesoro. Caccia al tesoro che, negli anni, ha perso, come tutte le “mode” il suo appeal. 

E allora perché non approfittare di questo 15 agosto per andare alla scoperta o riscoperta di quelle tracce templari che si trovano soprattutto a d Acerenza, Castelmezzano e Forenza.Il Santo Graal non lo troverete ma poco importa perché  forse ciò che conta è il viaggio, inteso come scoperta e ricerca. Il viaggio sulle tracce del Graal si concentra in particolare nei piccoli centri del potentino sparpagliati ai piedi delle Dolmiti Lucane, zona ricchissima di grandi basiliche, caratteristica che intorno al 1150 costituì l’origine del mutamento del nome della regione da Lucania in Basilicata. Il contagioso coinvolgimento della popolazione nella ricerca della preziosa reliquia nelle chiese del territorio è supportata da elementi storici che hanno alimentato la creazione del mito. Primo fra tutti è l’origine lucana di Ugo Dei Pagani, Fondatore dell’Ordine dei Cavalieri Templari nel 1118 che, secondo documenti certificati nel 1600 nel Codice Amarelli, sarebbe nato da Sigilberto ed Emma proprio in Basilicata, per la precisione a Forenza. Le sue spoglie, invece, sono custodite nella chiesa sconsacrata di San Jacopo a Ferrara, nota per la presenza di una misteriosa cripta murata. 

L’interesse di studiosi e curiosi si è scatenato intorno alla scoperta di simboli templari presenti nelle chiese dell’area dell’Alto Bradano e in particolare ad Acerenza, Venosa, Castelmezzano, paesi entrati improvvisamente nella mappa delle località legate al mistero del Graal, di fianco a mete più note come Rosslyn Chapel in Scozia e la chiesa di Santa Maddalena a Rennes le Château in Francia. 

Per molti  la Basilicata è stata sede strategica e luogo di ristoro morale e spirituale per le truppe partecipanti alla Prima Crociata nel 1095, promossa da Papa Urbano II di Cluny che per sei anni soggiornò a Banzi, e alla sesta nel 1227 quando l’arcivescovo della Cattedrale di Acerenza, Padre Andrea collaborò con Federico II per l’organizzazione della spedizione. La prima tappa dell’inedito itinerario è la Cattedrale di Acerenza, la chiesa più grande del territorio capace di ospitare 1200 fedeli per le funzioni, diventata meta irrinunciabile perché sembra nascondere un segreto nella sua cripta restaurata nel 1524 dal Conte Ferrillo Balsa, membro dell’Ordine. 

I turisti sono attratti da una finestrella barricata nella cripta da circa 500 anni. Ma gli elementi di interesse di questa maestosa chiesa che fu sede arcivescovile dal 1059, anno in cui il Concilio di Melfi sancì l’alleanza tra Vaticano e Normanni del Meridione, sono tanti a partire dall’assenza di croce e dalla presenza, al suo posto, del busto di Giuliano l’Apostata, persecutore dei cristiani (attualmente custodito nella Cattedrale). L’occhio del turista è incuriosito dalla facciata dove ci sono le sculture di due scimmie in fase di accoppiamento con due donne, simbolo del peccato lasciato fuori dalla chiesa. 

Lo sguardo poi si poggia su croci templari sulla facciata e, all’interno, sul sarcofago nella cripta, su un quadro del ’500 di Antonio Stabile e sui vari simboli pagani intorno alla misteriosa finestrella, dall’immagine della dea Mefitis a un Gesù in posizione di morte che viene fuori da un calice, al teschio diventato poi simbolo dei pirati, all’agnus dei. La Cattedrale, dedicata al Santo Martire Canio o Canione, nome gaelico che significa “Magnifico Sorvegliante”, è stata costruita nel 1080 da Arnaldo, abate di Cluny che era arrivato in Basilicata con i Normanni assieme a Berengario, altro monaco di Cluny, diventato poi Priore della Abbazia di Venosa, detta l’Incompiuta, altra località di questo percorso sulle tracce del Graal (entrambe finanziate da Roberto il Guiscardo). 

La domanda di tutti è: “Cosa doveva sorvegliare San Canio?” e, con qualche dubbio e tanta curiosità, vanno verso Venosa per scoprire i segreti dell’Incompiuta della Trinità, una delle più potenti Abbazie del Sud, nata nel V secolo su un tempio romano e ampliata più volte anche grazie a una donazione del padre di Ugo dei Pagani (1078) e luogo prediletto da Roberto di Guiscardo che vi portò la croce di Costantino nel 1081 mai ritrovata. La terza tappa è Castelmezzano, paesino arroccato tra frastagliate Dolomiti Lucane. Boemondo d’Altavilla, principe d’Antiocchia e primo normanno arrivato in zona scelse per questa località uno stemma che raffigura due cavalieri castelmezzanesi partiti volontari per la Crociata indetta da Papa Giulio II verso la fine del Mille, sotto la guida di Boemonte, Principe di Taranto.Il paesaggio è suggestivo ed è facile scorgere tra la roccia ancora i segni evidenti dei tagli che servirono per esportare la chiesa, nota come Grande Madre, e i resti del fortilizio normanno-svevo con una gradinata stretta e ripida che va verso il cielo. 

Ma gli elementi maggiormente misteriosi sono custoditi nella Chiesa Madre di Santa Maria dove durante dei lavori di ristrutturazione, sono stati scoperti una porta segreta e un architrave triangolare che crea una croce templare a otto punte iscritta nella roccia: all’interno di un cerchio circoscrive un altro cerchio e, sull’icona della Madonna con il bambino detta dell’Olmo, una data A.I.D. 1117 e una frase che fa da cornice al dipinto “Hic habtta boam elegie a stlia mtna” (qui abiterò perché l’ho scelto, o stella mattutina). E’ una esplicita venerazione della Stella Mattutina tanto cara ai Templari, tramandata di maestro in maestro e che si pronuncia quando si entra in una nuova casa. Il percorso porta a Lagopesole, frazione di Avigliano, dove sorge il Castello Rosso costruito secondo il modello del Krak dei Cavalieri che padroneggia sulla valle dove, fino all’800, vi era un lago poi prosciugatosi. 

 Il monumento ricorda il castello rosso dei romanzi del Graal situato di fronte una rupe bianca, colore che richiama subito alla mente la “terra bianca” lucana. Il Castello è stato la residenza estiva di Federico II, unica sua abitazione ad avere all’interno una cappella. L’ultima tappa è Serra di Vaglio, nota anche come Serra San Bernardo, il santo che ha dato la “regola” ai Templari. La zona custodisce, nel santuario mariano, i resti delle dea Mefitis, intermediaria tra la vita e la morte, dea delle acque con accesso alle proprietà magiche della fonte dell’eterna giovinezza. 

Di recente la scoperta delle origini del fondatore dell’ordine dei templari Ugo De Payen (Ugo Dei Pagani) la cui povenienza non era la Francia, bensì la zona di Acerenza e Forenza. Lavori di ristrutturazione che e hanno interessato la Chiesa Madre “San Nicola di Bari” di Pietragalla hanno portato alla luce due splendide croci scolpite con abile maestria su pietra, che forniscono un impatto visivo suggestivo e nello stesso tempo stimolano una certa curiosità verso chi le osserva. Le croci, poste sulla facciata laterale della chiesa, richiamano molto la simbologia templare in quanto hanno la caratteristica di essere “patenti” ossia con bracci uguali che si allargano all’esterno e nello stesso tempo inscrivibili in un cerchio.

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