Maria Felicia Bello (a destra) sindaca Armento nella sua comunità
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ARMENTO (POTENZA) – I ragazzi partono. Vanno a studiare fuori, la maggior fa le valige e non torna più. Qualcuno invece torna. Il legame con la sua terra è più forte. «Ma quando torni è tutto diverso», è come se vedessi il luogo in cui sei cresciuta con occhi diversi, ne vedi i problemi ma anche le mille potenzialità, le tante cose che potresti fare.
Maria Felicia Bello, da due anni sindaca di Armento, ha preso la sua laurea a Siena. E il bagaglio di esperienze e saperi acquisito negli anni di formazione universitaria li ha portati ad Armento, un paesino di 580 abitanti appena. «Ma con una storia molto importante». Armento – riferisce il geografo Strabone – si chiamava anticamente Galaso. E qui sono stati ritrovati reperti archeologici venduti dalla sorella di Napoleone agli Absburgo e oggi in mostra nei musei di Monaco e Londra.
Nel 2019 Maria Felicia Bello è diventata sindaco. Pochi giorni dopo il suo insediamento, tre dipendenti comunali sono andati in pensione grazie a “Quota 100”. E lei, a 37 anni, si è ritrovata praticamente in un Comune deserto, senza dipendenti.
E’ lei a rispondere a telefono se si chiama al Comune. E’ lei a redigere i bandi e «finora non abbiamo perso nessun fondo, ci siamo candidati a tutto».
Per esempio, proprio nei giorni scorsi, sono stati assegnati ad Armento 652.000 euro di fondi dedicati alla progettazione definitiva ed esecutiva di tre opere di messa in sicurezza e mitigazione del rischio idrogeologico in localita Fontanelle, Francavilla e sopra via Lombardo.
Sindaci di frontiera, pezzi di Stato che loro orgogliosamente rappresentano ma che, evidentemente, li lascia soli in prima fila davanti a ogni emergenza. Come è accaduto con la pandemia.
«Per fortuna – dice – ho una squadra compatta». Una squadra – la giunta comunale – formata, oltre alla sindaca, da altre due donne: la vicesindaca Rosa Mucciante e Vincenza Maria Rosaria Vastola. Tre persone in tutto.
«Ho ereditato – racconta Bello – un ente senza dipendenti. I Comuni vicini, per due giorni alla settimana, ci prestano qualche dipendente almeno per la Ragioneria e l’Ufficio tecnico».
Forse, terminata la pandemia, qualcuno arriverà: «A dicembre del 2019 abbiamo indetto un concorso per fare qualche assunzione, ma poi il Covid ci ha bloccato». Ma per ora tutto il lavoro pesa su questa ristretta squadra di donne che tenta però, di restituire ai suoi cittadini anche l’entusiasmo del fare e la voglia di recuperare un passato di tradizioni e valori che si vogliono testardamente difendere.
Come riuscirci? Trasformando il paese in una tela da ricoprire di colori. E i pennelli sono nelle mani dei bambini e ragazzi. Una sessantina, contando quelli che vanno dall’Infanzia alle Superiori. Una minoranza certo, ma è a quella minoranza che bisogna regalare insieme passato e futuro, le tradizioni e la speranza.
E la storia di questo antico comune la si trova sui murales sotto il Comune, sulle panchine.
«Avevamo un’antica tradizione – racconta la sindaca – che riguarda la benedizione del bestiame e che si svolgeva a giugno davanti alla chiesa di Sant’Antonio nella fiumara. Era un momento di grande socialità, che abbiamo voluto riproporre su una delle panchine del paese».
Su un’altra si trovano i simboli importanti di questa comunità, “Satiro inginocchiato” e il “Cavaliere di Armento”, due capolavori che oggi si trovano rispettivamente a Monaco e Londra.
Passato e presente insieme. Che devono essere custoditi perché i ragazzi possano ricordare e trasmettere a loro volta.
«Ho immaginato – spiega la sindaca – che davanti a queste panchine possa fermarsi un bambino con il nonno. E, guardando e leggendo, il bambino incuriosito chieda al nonno di raccontare».
Un piccolo sogno che è anche alla base dell’ultima iniziativa, le panchine letterarie proprio nei pressi della Biblioteca comunale, non ancora inaugurata a causa dell’emergenza sanitaria.
«Le biblioteche dei piccoli comuni – dice – di solito hanno qualche vecchio volume. Io volevo una biblioteca degna di questo nome, un po’ come ci sono a Siena, la città dove ho studiato. Così ho lavorato a questo progetto e ora ci sono 200 volumi tutti nuovi. Davanti alla Biblioteca, con qualche fondo destinato alla Cultura che avevamo in cassa, abbiamo fatto realizzare queste panchine, perché immaginavamo un luogo di incontro e di ritrovo».
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