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ROMA – “Il massimo potenziale di integrazione che l’Italia è capace di esprimere” si è ”ridotto rispetto ai picchi del 2009”, con “un generale indebolimento delle condizioni socio-occupazionali”. Motivo per cui le condizioni di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati (ma anche degli italiani) hanno conosciuto un generale e diffuso peggioramento”. Queste le conclusioni del Cnel nel nono ‘Rapporto sugli indici di integrazione degli immigratì, che analizza attraverso diversi indicatori socio-demografici ed economici l’”attrattività” dei territori, l’inserimento sociale e quello occupazionale della popolazione di origine straniera, attribuendo un punteggio. E stila quindi una classifica per regioni e province.

Al primo posto della graduatoria dell’integrazione c’è il Piemonte, il cui indice è 62,8, inferiore di 8 punti ai 70,6 che facevano del Friuli Venezia Giulia la prima regione nel 2009 (ora è la quarta). Tra le regioni del centro-sud spicca l’Abruzzo, quinto, 60,8. Mentre il Lazio è solo 14/mo, con 48,6 punti, seguito dalla Campania (45,1).

Il rapporto dimostra un notevole indebolimento del Nord Est (nel complesso a 62 punti, contro i 59,4 del Centro), con il Veneto che scende dal quarto al 13/mo posto; mentre Trieste, che nella classifica di tre anni fa primeggiava tra le città, ora è al 30/mo posto, avvicendata da Macerata che detiene il potenziale di integrazione più alto.

“Il Nord Est – sintetizza il Cnel – ha sofferto in maniera quanto mai intensa gli effetti della crisi economica” con le piccole e medie imprese che “hanno pagato il prezzo più alto alla crisi” sul piano occupazionale.

La Lombardia, con in particolare la provincia di Brescia, si attesta come il territorio più “attrattivo”, in base ad un indice parziale che tiene conto di fattori come percentuale di immigrati sul complesso, dei minori stranieri, della natalità tra gli immigrati, ma è solo 11/ma con 54,8 punti nella graduatoria generale che tiene conto anche dell’integrazione sociale e occupazionale. Mentre l’Emilia-Romagna è prima per inserimento occupazionale, tenendo conto della percentuale dei nati all’estero tra i lavoratori, della continuità del lavoro e della percentuale di imprenditori di origine straniera. Si conferma la debolezza del Sud anche sul piano dell’integrazione, con Calabria, Basilicata e Puglia agli ultimi posti.

In conclusione, rileva il Cnel, si conferma come “tratto caratterizzante del “modello” italiano di integrazione” il ”piccolo”: le condizioni di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati “sono migliori in contesti più ristretti e a bassa complessità sociale”. E tra l’altro il divario si va accentuando, tenuto conto che Milano precipitata dal 44/mo all’87/mo posto e Roma dal 48/mo all’83/mo, mentre Napoli è 90/ma. 

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