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CALOVETO (Cs) – A novant’anni e con un femore rotto dopo una caduta viene rimbalzata per quattro ospedali e lasciata tre giorni a casa. Alla fine il ricovero fuori regione. Trasportata a Policoro con un’ambulanza privata dopo l’intervento di una dottoressa del presidio ospedaliero di Trebisacce.

L’ennesimo caso di malasanità calabrese stavolta viene denunciato proprio dal sindaco di Caloveto, Umberto Mazza. Il fatto segue una serie di casi nella sgangherata sanità dello Jonio cosentino. Pochi giorni fa il caso di Cariati, dove un uomo ha dovuto attendere l’arrivo del rianimatore dell’elisoccorso per essere stabilizzato e trasferito in altro ospedale.

«Ci chiediamo se di queste brutte pagine di malasanità – dice Mazza – che non sono nuove e che purtroppo, sono destinate a ripetersi, hanno contezza le istituzioni sovracomunali competenti e l’Azienda Sanitaria Provinciale. Non è possibile che il diritto alla salute debba essere elemosinato».

Il sindaco ieri si è incontrato con i vertici dell’Asp proprio per segnalare la questione. Il fatto è grave e purtroppo non il primo. Una signora di novantanni con in femore rotto viene inviata al pronto soccorso dell’ospedale di Corigliano, poi trasferita per mancanza di posti a Trebisacce. Qui di nuovo il trasferimento a Cosenza e di nuovo a Rossano. Infine tre giorni di attesa a casa, senza alcun ricovero, prima di andare fuori regione con ambulanza privata. «Mi rivolgo al commissario alla Sanità Longo e al presidente Spirlì affinché aprano un’inchiesta per individuare le responsabilità ed accertare come è potuto accadere tutto questo – dice il consigliere regionale Carlo Guccione -. Bene ha fatto il sindaco di Caloveto, Umberto Mazza, a denunciare questa vicenda. Una brutta pagina di malasanità che non può rimanere senza che si faccia chiarezza e si individuino i responsabili».

Prosegue Guccione: «È vero che la sanità calabrese si trova in uno stato di forte pressione dovuta alla massiccia ondata di contagi com’è testimoniato dal fatto che in questo ultimo anno l’Asp di Cosenza ha erogato due milioni di prestazioni sanitarie in meno. Ma il fatto che è stato reso noto testimonia che qualcuno, per negligenza o per incapacità, non ha svolto correttamente il suo dovere. L’opinione pubblica deve sapere per quali motivi questa nostra cittadina è riuscita ad essere ricoverata fuori regione solo grazie all’interessamento “umano” di un operatore sanitario e con il ricorso a mezzi propri. Nella sanità calabrese non c’è più spazio per i silenzi: ora più che mai, è necessario fare chiarezza».

Nei due ospedali principali dello Jonio, Corigliano e Rossano, la situazione è ormai al limite. Da una parte il polo covid che ha letteralmente assorbito tutte le forze disponibili, dall’altra Corigliano con un pronto soccorso senza personale sufficiente a gestire la mole di pazienti in arrivo all’infuori dell’emergenza coronavirus. C’è poi il problema dei ricoveri bloccati per mancanza di un tampone, situazione replicata anche nel caso della signora novantenne. Insomma, a fronte di un calo delle prestazioni generalizzato la provincia di Cosenza si scontra con l’assenza di una struttura capace di affrontare tutto quello che non è Covid, tra assenza di personale e strutture inadeguate la soluzione è attraversare i confini regionali alimentando ulteriormente l’emigrazione sanitaria.

r. c.

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