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L'aula del Consiglio dei ministri

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Un impatto sul Pil di 3,6 punti percentuali e sull’occupazione di 3 punti al 2026, ultimo anno del Recovery. Con il 40 per cento circa delle risorse destinate al Mezzogiorno, il 38 per cento al green e il 25 per cento al digitale.

È l’ossatura del Piano nazionale di ripresa e resilienza da 221,5 miliardi con il quale il governo spiega come intende impiegare i 191,5 miliardi finanziati con il piano europeo (53,2 miliardi riguardano progetti in essere).

A questo tesoro si affiancano 30,04 miliardi del Fondo complementare nazionale finanziato in deficit con lo scostamento di bilancio approvato dal Parlamento. Un fondo extra che sarà utilizzato per coprire i progetti che resteranno fuori dal Piano.

Avranno scadenze più lunghe e saranno svincolati dall’obbligo di rendicontazione all’Ue. In questo lotto potrebbe entrare anche il Ponte di Messina se la commissione istituita al Ministero delle Infrastrutture darà parere favorevole.

Draghi è ancora al lavoro sul testo e restano alcuni nodi da sciogliere, a partire dalla definizione della governance e dalle risorse per la proroga del superbonus al 2023. Tanto che la riunione del Consiglio dei ministri per il primo esame, inizialmente previsto per le 17 di ieri slitterà a stamattina.

A determinare il rinvio sono state le lamentele arrivate dai diversi dicasteri, che in alcuni casi hanno ricevuto la bozza dopo le indiscrezioni uscite sui giornali.

«Praticamente non c’è stato tempo di guardare i testi», spiega una fonte vicine ai Cinquestelle. Sottolineando anche la mancanza di alcuni punti chiave che pure erano stati sottolineati durante il giro di ricognizione con i partiti e le parti sociali compiuto dal premier, Mario Draghi, assieme al ministro dell’Economia, Daniele Franco.

«Non si capisce se il Superbonus c’è o non c’è, se è stato spacchettato e spalmato sul fondo integrativo», aggiungono in casa grillina. Il malessere sarebbe comune alle forze che sostengono il governo: dal Movimento 5 Stelle a Forza Italia, dal Pd a Iv, alla Lega, che già ha mostrato segni di insofferenza sul calendario delle riaperture e sull’orario del coprifuoco.

Nella bozza in circolazione si legge che il governo «intende estendere la misura del Superbonus 110% dal 2021 al 2023» ma si tratta dell’estensione già prevista dalla legge di bilancio solo per le case popolari. Al momento sono previsti 18 miliardi, Tuttavia, spiegano fonti di governo, l’orientamento è di arrivare a settembre per fare una valutazione e se sarà positiva, prorogarla con la legge di bilancio stanziando ulteriori fondi. Servono altri 10 miliardi di euro.

Ma lo scontro maggiore fra i partiti riguarda la governance del Piano. Scrive Draghi nell’introduzione alle 319 pagine che compongono il Pnrr: «Il governo ha predisposto uno schema di regia del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’Economia». Draghi spiega che «questa struttura» avrà il compito di supervisionare «l’attuazione del piano» e sarà «responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti».

A questa struttura si affiancherà un coordinamento politico, i cui dettagli saranno definiti in un successivo decreto, che il presidente del Consiglio terrà a pochi passi dal suo ufficio.

Il dettaglio si ferma qui. C’è da definire l’esatta composizione della cabina (che comunque annovererà al suo interno anche dei rappresentanti degli enti locali e della Conferenza delle regioni, come richiesto anche dalla ministro Mariastella Gelmini), così come le sue modalità di funzionamento e di raccordo con le strutture governative: tutti dettagli che, secondo una tabella di marcia concordata con Bruxelles, verranno chiariti in un provvedimento da approvare subito dopo l’invio del Pnrr alla Commissione, previsto per il 30 aprile. 

Il Pd chiede maggiore incisività sui capitoli donne e giovani, che sono due obiettivi “trasversali” del Piano. Su questo, i Dem, con il segretario Enrico Letta, sottolineano che è «fondamentale che l’obiettivo donne e giovani sia centrato con una chiara clausola». In un momento di rapporti tesi con la Lega, dopo la decisione di non votare il nuovo Dl Covid, dalla lettura della bozza arriva poi quello che sembra essere un vero e proprio “dito nell’occhio” a Matteo Salvini. In un brevissimo passaggio, infatti, viene annunciato il superamento di Quota 100, un cavallo di battaglia del leghista.

«La fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti», si legge nel testo. Una frase che apre un bel terreno di scontro. E difatti, in serata, la Lega rilancia con il sottosegretario al Mef Claudio Durigon: «Quota 100 non è più sufficiente. Occorre andare oltre, puntare a quota 41 e a strumenti che diano ancor più flessibilità in uscita».

A sera una fonte di governo mostra ottimismo. «Restano da fare solo limature dell’ultim’ora, entro domani sarà tutto pronto», assicura. Si vedrà domani se il Pnrr arriverà in Cdm già “chiuso” o se sarà una seconda riunione, dopo quella di mercoledì, a nervi tesi. Comunque sia, domani non sarebbe previsto un voto, ma solo un primo passaggio, per riportare poi il Piano in Consiglio dopo la discussione in Parlamento, prevista da lunedì.


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