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REGGIO CALABRIA – Oltre due secoli di carcere sono stati chiesti dalla Procura di Reggio Calabria nei confronti dei diciassette imputati al processo “Alba di Scilla” contro la cosca Nasone-Gaietti. Le indagini della Dda reggina hanno fatto luce su una serie di estorsioni, tentate estorsioni e danneggiamenti alle ditte impegnate in lavori pubblici tra cui l’ammodernamento dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. In otto ore di requisitoria, il pm Rosario Ferracane ha ripercorso le tappe significative dell’indagine invocando condanne altissime nonostante la scelta del rito abbreviato.
La pena più alta è stata chiesta per Francesco Nasone (20 anni), segue la richiesta a 18 anni di reclusione per Arturo Burzomato, Romanico Nasone (classe ’69), Pietro Puntorieri, Virgilio Giuseppe Nasone; chiesti 16 anni per Carmelo Calabrese e Matteo Gaietti; 14 anni per Rocco Nasone e Giuseppe Fulco (che venne arrestato in flagranza di reato subito dopo avere intascato un’estorsione); 12 anni per Domenico Nasone (classe ’83) e Antonino Nasone; 10 anni per Annunziatina Fulco e Virgilia Gioia Grazia Nasone (che portavano fuori dal carcere gli ordini di Giuseppe Fulco), Francesco Spanò, Giuseppe Piccolo; infine un anno per Maria Benedetto che si è spacciata fidanzata e convivente di Francesco Nasone per avere un colloquio in carcere con lui attestando il falso. Il pm ha chiesto la trasmissione degli atti in procura per alcuni soggetti che hanno reso false dichiarazioni al difensore nel tentativo di scagionare gli imputati.
FILMATA LA CONSEGNA DEI SOLDI – L’operazione Alba di Scilla era partita dalla decisione coraggiosa da parte di alcuni imprenditori di non sottostare al giogo mafioso e di denunciare le arroganti richieste estorsive. In particolare, venne filmata la consegna di denaro richiesto a un’impresa impegnata sui lavori della Statale 18. Giuseppe Fulco, 41 anni, venne arrestato in flagranza di reato il primo giugno 2011 (GUARDA IL VIDEO) e le immagini lo ritraevano mentre arrivava con uno scooter ad un appuntamento con l’imprenditore che però lo aveva denunciato ai carabinieri.
IL 3% DOVEVA ANDARE ALLE COSCHE – Da quell’arresto scaturirono le indagini che portarono nel 2012 a due successive operazioni condotte contro i clan della zona. Fulco, nipote diretto del defunto boss di Scilla Giuseppe Nasone, secondo l’accusa, si è più volte recato su un cantiere esigendo da un imprenditore 6.000 euro, pari al 3% dell’importo dei lavori, come condizione necessaria alla prosecuzione degli stessi. Nella seconda delle operazioni, compiuta nel luglio dell’anno scorso, sono state intercettate anche le conversazioni degli uomini del clan (GUARDA IL VIDEO) Decine i danneggiamenti compiuti dalle cosche sui cantieri. E secondo gli inquirenti anche alcuni operai infiltrati nelle imprese collaboravano con i boss.
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