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VIBO VALENTIA – Ha letto le dichiarazioni dei due pentiti Loredana Patania e Daniele Bono che lo tiravano in ballo. Che lo indicavano come il reggente del clan Bonavota. Che facevano di lui il mandante di omicidi come quello di Nino Lopreiato. Questo dicevano i due collaboratori di giustizia nei verbali acquisiti al processo “Uova del drago” che si sta celebrando davanti alla Corte di Assise di Appello di Catanzaro e che vede imputate 5 persone ritenute appartenenti al sodalizio di Sant’Onofrio. Lui, Domenico Cugliari, identificato da Bono e Patania come “Micu i Mela”, è uscito assolto da ogni accusa nel processo di primo grado. Adesso il 54enne, rappresentato dall’avvocato Michelangelo Miceli, ha deciso di adire le vie legali contro i due pentiti e affidarsi ad una lettera per smentire le loro dichiarazioni che, per come riferisce, «travalicano i confini della legittima manifestazione del pensiero oltre che ad essere disancorate dalla realtà e offensive della verità, sono esclusivamente finalizzate a mettermi in cattiva luce ancor più perché fondate sulla consapevolezza dell’innocenza e dell’estraneità ai fatti del sottoscritto». A rendere, a suo dire, ancor più «grigio il quadro pseudo-accusatorio costruito in danno della mia persona, al mio onore e alla mia reputazione, ma ancor prima in danno della corretta amministrazione della giustizia, coopera la certezza che la collaboratrice, così come ella stessa ebbe a dichiarare, riferiva su circostanze apprese da terzi e, nella fattispecie, alcune conversazioni che il marito Giuseppe Matina, deceduto» e quindi secondo il suo parere non ricontrabili, e «tale Bartolotta avrebbero verosimilmente avuto in sua presenza presso la sua abitazione». Conversazioni che Cugliari definisce “illazioni, totalmente prive di risultanze probatorie che ne sanciscono la credibilità e l’attendibilità e sul punto mi preme ricordare, anche se è ormai patrimonio pubblico, che lo scrivente non è mai stato indagato in procedimenti afferenti la morte per omicidio di alcuno. Quando viene riportato che «Domenico Cugliari decise l’uccisione di Nino (lopreiato, ndr) per vendicare quella di Salvatore, si afferma il falso». Cugliari riferisce che la sua è una scelta «dettata da una esigenza già manifestatasi nel 2004 e ciò nella convinzione che le odierne maldicenze sono anche frutto del castello accusatorio imbastito nei miei confronti dall’allora maresciallo Sebastiano Cannizzaro, all’epoca comandante della Stazione carabinieri di Sant’Onofrio, il quale, già nel luglio di quell’anno, ebbe a dirmi davanti casa mia: “Io faccio parte dei servizi segreti e ti giuro che da ora in avanti te la faccio pagare”. Ciò detto, il 54enne evidenzia anche “il timore che quanto dichiarato dai pentiti, tutto infondato, possa nuocere soprattutto all’incolumità della mia famiglia». Ecco perché la decisione di sporgere querela ed affidarsi all’avvocato Michelangelo Miceli che ieri mattina l’ha depositata presso la Procura della Repubblica di Vibo.
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