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FARE della Calabria una terra di opportunità per spezzare le ali all’emigrazione, giovanile e non solo. «La nostra è un’utopia», ci spiega Vincenzo Olita, presidente di “Società libera”, associazione apartitica di cultura liberale attiva in diversi ambiti, che da poco ha lanciato un “Progetto culturale per la Calabria” indicando linee di sviluppo per una regione troppo spesso fanalino di coda sul fronte lavorativo, economico e dei servizi.

«Tutto nasce nel 2011 – racconta – con l’ingresso nell’associazione di Luigi De Sena, già prefetto speciale di Reggio Calabria. Era rimasto molto legato a quei territori e cominciammo a ragionare su come rilanciarli. Con la sua morte la cosa si era interrotta, oggi abbiamo deciso di riprenderla». L’iniziativa ruota attorno a tre pilastri: occupazione, sanità e legalità. «Sono le criticità che spingono tanti giovani calabresi ad andarsene – spiega – se non ho un lavoro, se non mi curano, se non riesco ad aprire un’attività senza essere minacciato dal crimine organizzato perché dovrei restare?».

Domande da cui partire per tentare di invertire la rotta in una terra dove sembra regnare la rassegnazione. «La situazione che vive la Calabria, alla lunga, ha stancato la popolazione – osserva – molti pensano che cambiare le cose sia impossibile. Certo, mancano anche le risorse: tempo fa per motivi personali ho incontrato una signora calabrese ricoverata in ospedale a Milano. Mi ha raccontato che dopo l’accesso al nosocomio di Catanzaro è stato lo stesso medico a consigliarle di spostarsi per essere curata meglio. E’ una storia che ti fa stringere il cuore».

Per ricostruire la Calabria “Società libera” intende mettere insieme le migliori energie locali organizzando una serie di conferenze allo scopo di individuare possibili soluzioni. «Vogliamo parlare con chi conosce davvero il territorio – sottolinea – dall’imprenditoria, al giornalismo, sino alla Chiesa. Un convegno vorremmo dedicarlo alla rottamazione edilizia. La Calabria è stata violentata dal cemento. Una rivoluzione sotto questo aspetto significa creare occupazione, impiegando ingegneri, architetti, urbanisti e muratori. Per i giovani può essere un’opportunità». Un altro evento «avrebbe come oggetto la legalità, quindi le dinamiche fra stato e istituzioni locali, quel coacervo di burocrazia nella quale troppo spesso si annida la criminalità».

Sotto questo aspetto “Società libera” ha le idee chiare. «Noi siamo per l’eliminazione delle regioni, l’Italia si è ubriacata di federalismo per copiare modelli esteri – rimarca – il risultato è uno sperpero di denaro pubblico. Guardate cosa è successo in Calabria con la sanità, con la speciosa vicenda dei commissari mandati da Roma per l’emergenza Covid. Un’operazione del genere può essere fatta solo ricorrendo a un manager esperto di sanità da un punto di vista amministrativo a patto che non si pensi di risolvere tutto semplicemente con la sua nomina. Deve avere poteri necessari a intervenire sui livelli dirigenziali. Se cambi solo il vertice e il resto rimane identico a prima non risolvi nulla. Rimane la burocrazia, dove si nasconde la malasanità».

Certo, un’operazione del genere andrebbe affiancata da una «decisa azione della magistratura in quei territori ma anche da un nuovo attivismo del giovani, che tornino a occuparsi della società civile e della politica». Ma per spingere le nuove generazioni calabresi a prendersi cura della propria realtà occorre profondere ogni energia per farli restare. Lo smart working, e la nascita del fenomeno del south working con la pandemia, possono giocare un ruolo in tal senso.

«E’ una tendenza che seguiamo con interesse – dice Olita – lavorare nella propria terra d’origine, magari essendo assunti altrove, significa non solo ripopolare la Calabria ma avere in casa dei possibili, futuri, sviluppatori del territorio. Che un domani parteciperanno ai processi decisionali. Ovviamente per fare ciò è fondamentale che le infrastrutture digitali vengano messe a sistema. Si parla tanto di fibra, è ora che lo Stato si dia una mossa».


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