Luigi Bonaventura
3 minuti per la letturaCROTONE – Lo hanno interrogato le Dda di mezza Italia. Con cadenza quasi settimanale lo sentono in processi di mafia dal Sud al Nord. Dal processo Rinascita Scott al processo Gotha al processo Aemilia, solo per citarne alcuni dei suoi ultimi impegni giudiziari. Eppure lo Stato non paga l’avvocato al collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, ex reggente della cosca Vrenna di Crotone e tra i primi a fare rivelazioni sulla cupola degli “invisibili”, ovvero la direzione strategica della ‘ndrangheta. E la denuncia approda nelle aule di giustizia senza che si ponga rimedio al vulnus.
«Dal 2014 non mi viene garantita l’assistenza legale e io non ho i soldi per pagare un avvocato», ha detto il pentito sentito in videoconferenza nel processo a carico del poliziotto Massimiliano Allevato, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. La testimonianza assistita è proseguita comunque avendo il presidente del Tribunale penale di Crotone, Massimo Forciniti, individuato un avvocato d’ufficio. Ma è un diritto che non viene garantito a Bonaventura, che chiede di poter essere assistito dal suo difensore di fiducia.
Dal 2014 il suo legale è l’avvocato Maria Karen Garrini, del Foro di Cosenza. Cosa è successo in tutti questi anni lo abbiamo chiesto proprio all’avvocato Garrini.
«Nella parte finale del 2014 – spiega il legale – è intervenuta una non proroga del programma di protezione, per cui è stata garantita l’assistenza legale soltanto per i due anni successivi. Bonaventura è rientrato nel programma di protezione a cui sono sottoposti i suoi familiari, pertanto viene accompagnato nei siti protetti in cui è chiamato a testimoniare e mi sono dovuta prodigare perché ottenesse di non farlo a sue spese». In alcuni casi peraltro si tratta anche di soggiorni in albergo che possono protrarsi per più giorni.
L’avvocato ha fatto istanza alla Commissione centrale presso il Servizio di protezione ma senza ottenere riscontri. Ha scritto anche al procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri. Ma, anche se i suoi accompagnamenti avvengono con scorta, dal 2014 la non proroga della protezione comporta il mancato rinnovo dell’assistenza legale.
«Nessuna risposta a svariate istanze», dice l’avvocato Garrini. «Per i suoi impegni di giustizia ho chiesto, di anno in anno, di mese in mese, l’estensione per un biennio dell’assistenza legale ma né alla Commissione centrale né alla Dda hanno preso una posizione».
Bonaventura non può peraltro accedere al gratuito patrocinio essendo stato condannato in procedimenti di criminalità organizzata. E’ forse l’unico collaboratore di giustizia in Italia a cui non viene pagato l’avvocato; la quasi totalità dei pentiti, del resto, non ha redditi tali da potersi permettere un avvocato. E, come ricorda l’avvocato, il provvedimento di modifica o mancata proroga delle speciali misure di protezione può prevedere la capitalizzazione degli interventi di tipo assistenziale collegati, compresa l’assistenza legale.
Ma non è il solo diritto, quello di poter scegliere un proprio difensore, che viene negato a chi entra nel programma di protezione. Un cognato del pentito, da oltre un anno sulla sedia a rotelle, non ha riconosciuta l’invalidità e a sue spese paga fisioterapia, ausili mobili, deambulatore.
«In questo caso ai ritardi ordinari della burocrazia – osserva l’avvocato Garrini – si aggiungono su un binario parallelo quelli del Servizio di protezione legati anche a esigenze di riservatezza del sito protetto e di sicurezza dell’interessato».
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