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Dovrebbe arrivare oggi il via libera in Consiglio dei ministri al Def e alla richiesta al Parlamento di un nuovo scostamento di bilancio da 40 miliardi con cui il governo intende finanziare il nuovo pacchetto di aiuti all’economia piegata dal Covid e “rinforzare” il piano per il rilancio del Paese investendone 5 per alimentare la prima tranche di un fondo pluriennale destinato a finanziare le opere rimaste fuori dal Recovery plan.
Quaranta miliardi è la cifra che il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha proposto ieri ai ministri riuniti intorno al tavolo di Palazzo Chigi, ai quali ha illustrato anche il Documento di economia e finanza che aggiornerà il quadro macroeconomico.
Una cifra che sembra mettere d’accordo tutti – anche se qualcuno tra i ministri ha ipotizzato che possa aumentare ancora un po’, fino ai 42-43 miliardi.
Accontenta pure la Lega che spingeva affinché si arrivasse a 50 miliardi. «Non più i 20 previsti, ma ben 40 miliardi per aiutare imprenditori, artigiani, commercianti e partite Iva per abbattere tasse, contributi, mutui e costi fissi. Bene così», ha twittato il leader Matteo Salvini.
Dall’opposizione il presidente di Fratelli Italiani, Giorgia Meloni, ha già fatto fatto sapere che il voto del partito sullo scostamento dipende dalla «certezza in tabelle su come quelle risorse vengono spese».
Oggi, intanto, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, avvierà un giro di consultazioni con i partiti – opposizione compresa – per discutere dei contenuti del nuovo decreto Sostegni Bis o Imprese e del Piano nazionale di ripresa e resilienza che entro il 30 aprile dovrà essere inviato a Bruxelles: si parte da Lega e M5s, venerdì toccherà a FI e Pd, mentre lunedì sarà la volta di Iv e FdI.
Per venerdì è prevista, invece, la cabina di regia tra il premier e le forze di maggioranza sulle riaperture, che sarebbero un “ristoro” più atteso dalle categorie economiche.
Sul Def e sul nuovo extra deficit le Camere si esprimeranno il 22 aprile. Il Sostegni Bis dovrebbe essere quindi varato tra la fine di aprile e i primi di maggio.
Il pacchetto di aiuti alle imprese dovrebbe assorbire 35 miliardi, mentre 5 miliardi confluiranno nel fondo pluriennale da 30 miliardi, alimentato in deficit con una dote annua di circa 5 miliardi per un arco temporale lungo 6 anni, destinato a finanziare i progetti ritenuti strategici dal governo ma che non rispettano i criteri previsti da Bruxelles per il Next Generation Eu o sforano il budget di 191 miliardi di cui dispone l’Italia.
Ai ristori a fondo perduto per le imprese e le partite Iva messe in ginocchio dalle restrizioni anti Covid dovrebbero essere riservati circa 20 miliardi, coprendo le perdite di due mesi, a differenza del primo Dl Sostegni targato “Draghi” che si limitava a uno. Si valuta la revisione del criterio della sola perdita di fatturato.
«La valutazione corretta dovrebbe basarsi non tanto sulla diminuzione del fatturato, quanto sulla diminuzione del risultato di esercizio del margine operativo lordo, che è la sintesi, esattamente, tra fatturato e costi, siano essi variabili, siano essi fissi, perché – ha affermato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti -altrimenti le attività, le partita Iva su cui incidono maggiormente i costi fissi, sono quelle danneggiate e non equamente ricompensate e indennizzate dal decreto-legge del 22 marzo». Il rischio però è l’allungamento dei tempi di “consegna” dei ristori.
Il pacchetto prevede comunque misure per sostenere i costi fissi, come sgravi sugli affitti e sulle bollette. Dovrebbe esser rifinanziato il credito d’imposta sulle locazioni e si valutano anche il taglio dell’Imu sui beni strumentali e un ulteriore rinvio delle esenzioni Tosap e Cosap per gli ambulanti e i tavolini all’aperto dei locali e il differimento delle scadenze fiscali ma quest’ultimo solo per le attività in crisi che potrebbero beneficiare anche di una proroga del blocco degli sfratti.
Un capitolo sostanzioso è dedicato al sostegno alla liquidità delle imprese, con il rifinanziamento del Fondo di garanzia, la proroga dei prestiti garantiti e delle moratorie sui mutui e prestiti e per cui è in corso il confronto con la Commissione europea nell’ambito del temporary framework.
Sul Def il lavoro di limatura – che tiene conto della nuova richiesta di deficit e dell’impatto positivo del Recovery plan – è andato avanti anche ieri. La contrazione attesa nel primo trimestre dovrebbe portare a una revisione al ribasso del Pil tra il 4 e il 4,5% a fronte dell’obiettivo del 6% fissato nella NaDef in autunno. Il deficit – su cui pesano lo scostamento di gennaio per 32 miliardi e quello in dirittura d’arrivo – dovrebbe arrivare alle due cifre, attestandosi tra il 10 e l’11%.
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