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Il Commissario Longo, il Commissario Figliulo e al centro il presidente f,f, Spirlì

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Ci sono aspetti dell’emergenza sanitaria in Calabria, alcuni allarmanti, altri deprecabili, che i numeri non raccontano. Ci sono situazioni di inefficienza – non riguardano solo questa regione – che si rischia di trascurare, di non considerare “attuali” nonostante lo siano, eccome.

In questi ultimi giorni si cerca di accelerare sulla campagna vaccinale, partita male e soprattutto proseguita tra le incertezze delle forniture delle dosi e meccanismi che, nonostante il tempo abbondante per predisporli, non hanno funzionato per come ci si sarebbe augurati trattandosi della sola via di uscita da questo incubo Covid che ci paralizza da oltre un anno.

Ieri il bollettino regionale ha registrato poco più di 500 nuovi contagi. Tanti, rispetto ai numeri calabresi. Eppure, paradossalmente, proprio questi numeri, e quello di ieri, non raccontano fino in fondo che c’è poco da tenere la mascherina abbassata sotto il naso e esibirsi in serate di Karaoke (LEGGI).

Il sospetto, per essere prudenti e senza alcun intento allarmistico (l’allarme, caso mai, lo danno le notizie di pazienti Covid che a volte devono fare la fila per il ricovero in ospedale), è che si sia fatto davvero poco per migliorare il sistema sanitario calabrese, per portarlo ad un minimo di sicurezza. Una questione su tutte: il tracciamento dei contatti delle persone risultate positive.

Che – per mancanza di mezzi, di personale, di organizzazione, di strumenti, o per tutte queste cose insieme – il sistema di tracciamento viaggiasse a scartamento ridotto lo si era intuito anche dai numeri del bollettino regionale dei contagi. Fatto bene, meglio di quelli di altre regioni, e anche per questo chiaro nel dare un quadro della capacità reale e quantitativa di fare tamponi (soprattutto a nuovi soggetti).

Appena quattro giorni fa il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, ha disposto con ordinanza la sospensione dell’attività in presenza nelle scuole (LEGGI), sulla base di una nota del Dipartimento di Prevenzione dell’Asp del capoluogo in cui, tra l’altro, si esprime “forte preoccupazione delle conseguenze disastrose che potrebbero verificarsi a causa di un significativo incremento dei soggetti positivi, sia per l’enorme difficoltà di avviare continue e tempestive attività di contact tracing (tracciamento del positivo e di tutti i suoi contatti stretti, adozione e prescrizione delle relative proposte di quarantena, programmazione dei successivi, tamponi di controllo, comunicazione con i medici di famiglia per la giustifica di lavoro), visto l’esiguo numero di personale di cui dispone l’Ufficio scrivente…”.

Si sottolinea “il sovraccarico di tamponi che quotidianamente giungono nei laboratori della città” e si fa riferimento alla necessità di “evitare la completa saturazione delle Strutture Sanitarie cittadine, che si trovano a dover fronteggiare il ricovero di pazienti provenienti anche da altri Comuni della Calabria, i cui Ospedali risultano già saturi”.

Un quadro allarmante, la certificazione di quello che – al di là, appunto, dei numeri delle statistiche governative dell’occupazione dei posti letto – emerge da settimane nelle cronache. Ovviamente la situazione di Catanzaro è solo emblematica di altre diffuse. È notizia di ieri che all’ospedale di Cosenza è stato smantellato un reparto ordinario in fretta e furia per far spazio ai pazienti Covid. Sulla efficienza nel tracciamento inutile dilungarsi, né sulla conseguente parziale capacità di contenere il contagio. Ci si dia una mossa vera, sul fronte vaccini, perché la sanità calabrese, a leggere semplicemente quei due passaggi citati nell’ordinanza di Abramo (a proposito, quale sindaco avrebbe potuto ignorare la nota dell’Asp?) non è molto diversa da quella di prima della pandemia.

I vaccini. Lasciamo stare le inaugurazioni dei centri vaccinali (a fine marzo!), le lodi ad un “sistema ottimale”, così come pure i numeri della classifica delle regioni più efficienti (cioè più veloci a somministrare le dosi disponibili). Non soffermiamoci neppure sul numero degli over 80 vaccinati (quello menzionato dal governatore f.f. Spirlì l’altro giorno, quando il generale supercommissario Figliuolo è venuto in Calabria, non torna).

I numeri, è l’auspicio, saliranno rapidamente, ma è bene anche conservare memoria di come sono andate, e probabilmente stanno andando le cose in molte città, soprattutto le più grandi.

Molti anziani, over 80, appunto, sono stati convocati per il vaccino e, presentatisi all’ora stabilita, hanno dovuto, nel migliore di casi, prendere il numerino. Più spesso sono stati costretti a fare file interminabili, magari sotto la pioggia (è capitato anche questo).

Una grande vergogna, che i numeri non raccontano. Per non parlare di anziani, con o senza patologie, costretti ad essere portati a decine di chilometri di distanza per la dose. Per la pianificazione, probabilmente, non servivano i pianificatori dell’Esercito. Sarebbe stata sufficiente una dose minima, di efficienza, non di vaccino.

I furbetti del vaccino – anche di questi ci sono tracce molto più corpose di quelle che i numeri suggeriscono – lasciamoli nell’acquitrino della loro coscienza.

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