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Angela Merkel, il suo partito esce sconfitto dal voto in due stati

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Siamo già orfani della Merkel e forse anche per noi questa non è una buona notizia. In Germania si è votato nei due stati di Baden-Württemberg e Renania-Palatinato e il partito della cancelliera ha perso, come era previsto, ma con una bastonata storica.

I candidati della Cdu, il partito conservatore della Merkel, al governo, sono arrivati secondi in entrambi gli stati: in Baden-Württemberg dietro ai Verdi e in Renania-Palatinato dietro al Partito socialdemocratico. Ancora non è chiaro quali coalizioni si formeranno nei due governi locali.

Erano elezioni importanti, in due stati che hanno in totale più di 10 milioni di abitanti (7,7 il Baden-Württemberg e 3,1 la Renania-Palatinato), quindi un test di tutto rispetto per il futuro della Germania dove si voterà a settembre per le parlamentari e la Merkel allora non si presenterà, un ritiro annunciato che ha anticipato i tempi e che pesa non poco sul clima di incertezza che si respira in Germania e in un’Europa che sui vaccini sta dando una pessima prova.

È in Germania che si gioca la partita clou dell’Europa, mentre il “regno” di Angela Merkel si approssima al capolinea. Insomma la questione del Recovery Fund appare definita nelle sue grandi linee ma l’appoggio di Berlino per l’Italia è sempre decisivo, soprattutto quando si incrociano le diffidenze degli altri Paesi europei nei nostri confronti e di un elettorato tedesco che, nonostante la stampa in Germania sia largamente favorevole al premier Draghi, non è così incline a distribuire soldi e risorse finanziarie al nostro Paese, ritenuto sprecone, inefficiente e soprattutto indebitato.

Le preoccupazioni della Merkel erano già emerse nella telefonata di qualche settimana fa tra la cancelliera e Mario Draghi. Le telefonate tra Merkel e l’ex presidente della Bce per altro non sono infrequenti ed è noto che tra i due premier esiste da tempo un collaudato rapporto personale. La sorpresa ha riguardato piuttosto altro.

Secondo fonti di Berlino, in quaranta minuti di conversazione la Merkel, che dopo 16 anni lascerà il suo ufficio minimalista al Bundeskanzlerhamt in settembre, avrebbe condiviso con Draghi le sue preoccupazioni sul fronte cruciale del Recovery plan europeo, oltre che naturalmente sulle problematiche della lotta alla pandemia. Merkel sa che il piano di rilancio dell’Unione europea è un’operazione a rischio di insuccesso e lo vuole evitare.

Durante la presidenza di turno tedesca del Consiglio europeo, nella seconda metà dello scorso anno, la cancelliera ha messo tutto il peso del suo capitale politico al servizio di un’Europa più integrata e solidale, un’Europa attrezzata a far ripartire l’economia prostrata dalla pandemia. E ora questo l’impegno tedesco potrebbe essere indebolito dall’uscita di scena della Merkel e dal futuro incerto del suo partito.

La Cdu, che è al governo della Germania da quasi 16 anni, sta vivendo un momento di crisi dovuto ad alcuni recenti scandali che hanno riguardato diversi suoi membri, e alle molte critiche ricevute per la gestione della pandemia. Queste elezioni erano il primo test che potesse certificare il calo di popolarità del partito. Erano anche le prime elezioni dopo che Armin Laschet ha sostituito al vertice del partito Angela Merkel: a settembre ci saranno le elezioni parlamentari nazionali e Laschet non è certo di essere scelto come candidato cancelliere.

Pesano ovviamente le politiche sulla pandemia – in un Paese stremato da un lungo lockdown e attraversato da molte polemiche sulla lentezza della campagna vaccinale – ma soprattutto gli scandali che proprio nell’ultima settimana hanno indotto alle dimissioni di ben tre parlamentari dell’Unione (Cdu-Csu), fra gli affari emersi sulle forniture delle mascherine e l’attività lobbistica con gli azeri.

Tutti gli occhi sono puntati, a questo punto sul nuovo presidente federale della Cdu, Armin Laschet, fortemente indebolito nella corsa per la candidatura alla cancelleria, per la quale è in lizza stavolta anche il leader bavarese dei cristiano-sociali, Markus Soeder.

In questo scenario si rafforzano sull’altro fronte i grandi avversari delle urne del prossimo autunno: i Verdi, che sognano di esprimere il prossimo cancelliere. E del resto, proprio da queste due regioni potrà arrivare il segnale chiaro a Berlino: in entrambe si può infatti puntare sul cosiddetto “semaforo”, una coalizione che escluda del tutto la Cdu (secondo partito) e metta insieme verdi, socialdemocratici e liberali.

«Non è una buona serata per la Cdu», ha ammesso domenica il segretario generale Paul Ziemiak, cui ha fatto eco subito dopo, usando le stesse parole, il decano del partito, Wolfgang Schaeuble, uomo come sempre molto ascoltato anche a livello internazionale. «Il risultato è molto deludente, non c’è nulla da ridimensionare», ha aggiunto il capogruppo regionale del Baden-Württemberg Thomas Strobl, per il quale tuttavia non ha senso indicare “colpevoli” del disastro. 

I toni sono stati chiaramente opposti fra gli ecologisti: «È stata una grande vittoria dei verdi in Baden-Württemberg», ha esultato il leader Robert Habeck. «Guardiamo con determinazione e ottimismo al voto di settembre», ha aggiunto lo scrittore che non ha ancora chiarito se correrà personalmente per la cancelleria o se toccherà piuttosto alla co-presidente del partito Annelena Baerbock, al momento preferita dalla stampa. In entrambi gli Stati sono stati confermati i governatori uscenti, con i Verdi alla loro terza vittoria consecutiva in Baden-Württemberg e un incremento di voti dello 0,4% rispetto a cinque anni fa che li porta a un totale di 30,7%, mentre in Renania-Palatinato la Spd è rimasto il partito più forte, ma con l’1,5% di voti in meno dal 2016.

Se alle prossime consultazioni elettorali si configurasse davvero la cosiddetta “Coalizione semaforo”, con insieme i rossi del partito socialdemocratico, i gialli liberali e i Verdi tedeschi, allora finirebbe il predominio in Germania dei conservatori: un evento storico anche per l’Europa e tutti noi.


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Stefano Mandarano

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