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Mario Draghi al centro vaccini di Fiumicino

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Il decreto Sostegni in arrivo mette 5 miliardi sul piano vaccini contro i 400 milioni della legge di bilancio Conte due. Questi numeri ci dicono che il decreto Sostegni è prima di tutto il vaccino dell’economia. La variabile chiave per acquisire o perdere pezzi della catena del valore globale sta nella velocità della campagna di vaccinazione. La tempistica è fondamentale per la ripresa. Le giravolte dell’Europa su AstraZeneca e le ipocrisie del modo di fare di una certa informazione

Correre, correre, correre. Il cambio di rotta è misurato dal fatto che il decreto Sostegni in arrivo mette 5 miliardi sul piano vaccini contro i 400 milioni della legge di bilancio Conte due. Questi numeri ci dicono che il decreto Sostegni è prima di tutto il vaccino dell’economia.

Perché un impegno finanziario dodici volte superiore? Per una ragione molto semplice: si ha la consapevolezza che o si vince questa battaglia sanitaria o si perde la guerra contro il virus (vaccino sulla vita) e, allo stesso tempo, la guerra contro la crisi finanziaria e sociale del nuovo ’29 mondiale italiano (vaccino sull’economia).

Si vuole, per questo, finanziare l’acquisto di vaccini ovunque e quel piano di produzione nazionale che è stato lanciato dal ministro Giorgetti e che ruota intorno a uno stabilimento di un’azienda farmaceutica a Monza e a un altro nel distretto biotech del Lazio.

È la stessa filosofia che ispira la riduzione degli articoli dei precedenti provvedimenti di Ristori da un massimo di oltre 300 al nuovo standard massimo di 50 articoli di Sostegni per fare in modo che tagliando la massa normativa si taglino drasticamente i tempi di attesa dei sostegni economici.

È la stessa filosofia che ispira la preoccupazione di non lasciare vuoti temporali per le garanzie del Fondo di liquidità per le imprese. Ci si muove ampliando e prorogando gli interventi all’interno del temporary framework europeo che lo consente.

Soprattutto, però, è proprio il passaggio da 400 milioni a 5 miliardi che ti dà plasticamente l’idea di un cambio di ritmo sui vaccini. Questo impegno finanziario molto rilevante per accelerare subito l’acquisto e garantire una stabile produzione nazionale risponde a due ragioni precise.

Una è la tempistica di “vicinanza” che è fondamentale per la tempistica della ripresa ancora di più dello stesso Recovery Plan perché puoi anche scrivere il piano più bello al mondo ma se non puoi uscire di casa non te ne fai niente.

L’altra è un orizzonte temporale di lungo termine per bloccare ora la terza ondata e, in prospettiva, immunizzarsi poi dalle nuove ondate autunnali. Per cui devi creare le condizioni per prevenire con un metodo di vaccinazioni che sia esattamente come quello usato per l’influenza. Che non a caso si ripete ogni anno.

Parliamoci chiaro. La sfida lanciata venerdì scorso espressamente da Biden ci dice che il 4 luglio sarà il giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti dal Covid perché tutta la popolazione adulta americana a quella data sarà vaccinata. Noi se tutto va bene saremo al trenta per cento. Questo vuol dire che loro ripartono e noi no.
Lo dimostra, ad abundantiam, il caso di Israele dove il week end appena passato è stato quello della loro festa di liberazione con le donne e gli uomini che si abbracciavano e baciavano in strada e nei pub.

Questi due dati confermano che la variabile chiave per acquisire o perdere pezzi della catena del valore globale è nella velocità della campagna di vaccinazione, altro che le primule!

Arrivare sei mesi dopo gli Stati Uniti, senza contare la Cina che già colleziona record di crescita della produzione, vuol dire avere sei mesi di ripresa in meno. Vuol dire, cosa ancora più grave, che quando arriverà il tuo turno ne avrai anche meno di ripresa perché nel frattempo le catene del valore globale si saranno ricollocate non avendo trovato in Europa – e segnatamente in Italia – quello che cercavano. Si saranno già rivolti altrove e da quell’altrove continueranno a servirsi.

Le giravolte dell’Europa e dell’Aifa sul vaccino AstraZeneca, a prescindere dai numeri reali sulla sua sicurezza o addirittura alla faccia di quei numeri, rischiano di fare passare sotto silenzio un modo di fare informazione che ipocritamente ripete che i numeri di AstraZeneca non destano preoccupazione ma passa ore e ore a parlare di quei 15 casi su 17 milioni o a scriverne pagine e pagine con titoli a caratteri cubitali. Per cui nessuno si ricorda più di quei numeri che non destano preoccupazione e nessuno risponde del numero dei morti che aumenta.


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