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PER I BOSS detenuti c’era sempre un trattamento di favore, quando si trattava di rilasciare le perizie mediche che avrebbero agevolato la concessione dei benefici di legge. E secondo l’accusa, questo era frutto di una rete messa in piedi nella Capitale da un avvocato penalista, che aveva coinvolto numerosi dottori in servizio sia presso l’Asl sia da liberi professionisti. Un meccanismo del quale avrebbero beneficiato anche esponenti della criminalità organizzata calabrese.

L’inchiesta è stata condotta da due vecchie conoscenze reggine: l’attuale procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il capo della squadra mobile della questura capitolina Renato Cortese. Entambi, fino a pochi mesi fa, erano in servizio sulla sponda calabrese dello Stretto. Dalle loro indagini sono scaturite otto ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip presso il tribunale di Roma, nei confronti di noti professionisti della capitale responsabili di corruzione e false perizie con l’aggravante dell’utilizzo di metodi mafiosi. 

Tra i personaggi arrestati stamattina dalla Squadra Mobile di Roma, vi è l’avvocato penalista che aveva creato un sistema di corruzione che consentiva ad alcuni suoi clienti particolari di vedersi aprire le porte del carcere ed ottenere il ricovero in strutture ospedaliere. La scelta dei pregiudicati che potevano usufruire della rete di rapporti creata dall’avvocato si basava esclusivamente sulle possibilità di poter pagare tutti gli anelli della catena corruttiva. Ruolo fondamentale della rete di corruzione scoperta dalla polizia era ricoperto dai medici, sia liberi professionisti che dipendenti di Asl della capitale. A loro era demandato il compito di effettuare false perizie che consentissero al detenuto di ottenere i benefici di legge. Tra questi figura il proprietario di una clinica romana, dove la maggior parte dei pregiudicati è stata ricoverata per le più svariate patologie. 

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