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TORINO – Un personaggio complesso Francesco Furchì, almeno per come emerge dalle carte della Procura di Torino che l’ha fermato quale indiziato di delitto con l’accusa di essere il killer che ha tentato di uccidere il 21 marzo 2012 l’avvocato Alberto Musy. Un personaggio complesso di cui «nonostante sia soggetto a intercettazione telefonica ormai da più settimane, non sono ancora ben note le stabili attività, o forse sarebbe meglio dire che Furchì tenta di inserirsi in ogni attività nella quale gli capiti di imbattersi in qualunque modo ma i risultati sono sempre inconsistenti». Intanto, questa mattina il 49enne di Ricadi, convocato davanti al gip del capoluogo piemontese per l’udienza di convalida del fermo, si è avvalso della facoltà di non rispondere pur decidendo di fornire spontanee dichiarazioni professandosi innocente e affermando di non essere stato lui a sparare: «Non sono io l’uomo del video». Il gip si è riservato di decidere.

Un delitto, quello di cui è accusato Furchì, maturato in un sistema di richieste che legava, secondo l’accusa, il presidente calabrese dell’associazione Magna Graecia millennium (che in realtà nelle carte si scopre essere presidente della “Magna Grecea Millegnum” pur presentandosi sempre con il primo sodalizio e non con il reale) all’avvocato piemontese. Un sistema di rapporti che, però, si sarebbe incrinato progressivamente spingendolo infine a tentare di uccidere Musy. Secondo il pm Roberto Furlan, titolare dell’inchiesta controfirmata anche dal procuratore Giancarlo Caselli, Furchì avrebbe sparato «come reazione e vendetta a precedenti comportamenti della vittima valutati come tradimento». E questo tradimento secondo l’accusa si sarebbe concretizzato fondamentalmente, ma non solo, in tre episodi specifici. In primo luogo, Musy si sarebbe reso “colpevole” di non aver appoggiato «quale membro di commissione per nomina di professore universitario a Palermo, la nomina a cui il responsabile (leggi Furchì, ndr) era interessato», ma a incidere sui presunti sentimenti di rancore del calabrese ci sarebbe anche «la mancata nomina dello stesso Furchì a cariche comunali e/o simili in cambio dell’impegno profuso da Furchì in favore della campagna elettorale di Musy in occasioni delle elezioni amministrative comunali di Torino del 2011». Infine, l’ultimo motivo, forse il più rilevante sotto il profilo economico, alla base del delitto sarebbe collegato alla vicenda Arenaways concretizzatosi nel «mancato impegno di Musy per reperire investitori interessati ad appoggiare l’acquisto, da parte di un compagine in cui compariva anche Furchì, dell’azienda facente parte della fallita società Arenaways spa». Tutte queste circostanze, secondo i pm, erano vissute da Furchì come «una inaccettabile offesa alla propria reputazione e alla millantata capacità di tessere relazioni autorevoli, rendere favori e concludere affari» anche perché «l’affare di Arenaways – si legge nelle carte dell’inchiesta – era avvertito dall’indagato come il vero e proprio sogno della vita, cosicché si inizia a comprendere – scrivono i pm – come nella mente di Furchì l’odio sia ben presto diventato il motore della vendetta».

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