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TORINO – Rischia di crollare il processo scaturito dalla maxi operazione anti-‘ndrangheta denominata “Minotauro” e portata a compimento in Piemonte nel 2011.
Dopo la sentenza di primo grado (LEGGI LA NOTIZIA) emessa nel gennaio 2013 attraverso la quale i giudici avevano ricostruito la presenza e l’attività dei clan calabresi in Piemonte rimarcando come nei fatti fosse stata riproposta la medesima struttura organizzativa originariamente attiva in Calabria, in secondo grado, con la sentenza emessa nel novembre 2013 (LEGGI LA NOTIZIA) il quadro complessivo pur confermato nelle linee sostanziali veniva parzialmente rideterminato nelle condanne.
Adesso che il processo è giunto in sede di Corte di Cassazione, però, tutto il castello accusatorio potrebbe subire un colpo di notevoli proporzioni. Il procuratore generale della Corte di Cassazione, infatti, ha chiesto l’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello di Torino di 50 condanne del processo perché, secondo quanto riferito da alcuni avvocati, per il procuratore dai due precedenti processi non sarebbe emerso «il metodo mafioso come richiesto dall’articolo 416 bis del codice penale».
Per questa ragione ha richiesto che venga fatto un nuovo processo. La sentenza potrebbe arrivare nelle prossime ore.
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