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CORIGLIANO CALABRO (CS) – Lo hanno sorpreso mentre dormiva insieme alla moglie ma lui, inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi del Ministero dell’Interno, malgrado fosse armato fino ai denti, non ha opposto alcuna resistenza. Le immagini documentano la scnea dei carabinieri che hanno sfondato la porta, poi mostrano le armi ritrovate in quantità nell’abitazione. E infine il volto del latitante che esce in manette.

 

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È finita così la fuga di Antonio Caia, 42 anni, ritenuto uomo di punta della ‘ndrangheta, resosi uccel di bosco per sfuggire ad una condanna a 12 anni nell’ambito del processo scaturito dall’operazione Artemisia contro le cosche di Seminara in lotta per il predominio nel controllo del territorio e delle istituzioni locali.   Oltre alla moglie di Caia, Concetta Maia Gioffrè, di 30 anni, è stato arrestato, per favoreggiamento anche il proprietario dell’abitazione usata come rifugio dal latitante, Gennaro Lo Canto. Il blitz dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria e del reparto Cacciatori di Calabria, sotto le direttive della Dda di Reggio Calabria, è scattato all’alba e Caia, probabilmente, non ha avuto nemmeno il tempo di reagire: sotto il letto coniugale, infatti, c’era un piccolo arsenale, un Kalashnikov completo di caricatore inserito e con 22 colpi, una pistola semiautomatica calibro 9 con 15 colpi, un pugnale. In casa, più di due chili tra eroina e cocaina e 20 buste di semi di marijuana per un altro chilo.   A delineare la caratura criminale di Caia, però, sono i risultati dell’operazione Artemisia, coordinata dalla Dda di Reggio, avviata nel 2006 con indagini condotte dai carabinieri nel comune di Seminara, poi sciolto per infiltrazioni mafiose e commissariato. 

La figura di Caia, che già negli annì90 aveva scontato 14 anni di reclusione per associazione mafiosa e traffico di droga, è diventata centrale nel 2007 col suo ritorno a Seminara, dove ha riaggregato il nucleo malavitoso originario con il gruppo Santaiti. All’epoca Caia rimase ferito in un agguato e, temendo di essere ucciso, chiese di essere dimesso dall’ospedale dove era stato ricoverato allontanandosi da Seminara con la «protezione» del gruppo rom Abruzzese di Corigliano, che misero a sua disposizione un suv blindato e giubbotti antiproiettile.    Non ha dubbi il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Michele Prestipino secondo cui Caia è un «elemento pericolosissimo» e il suo arresto è determinante per “scompaginare la struttura organizzata di quelle cosche e impedire loro di continuare nelle attività illecite in quel territorio».

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