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MILANO – I sostituti pg di Milano, Laura Barbaini e Felice Isnardi, hanno chiesto alla Corte d’Appello di Milano di confermare le 110 condanne emesse in primo grado, fino a 16 anni di reclusione, per altrettanti imputati nel maxi processo contro le cosche della ‘ndrangheta radicate in Lombardia. Le infiltrazioni della mafia calabrese vennero svelate con l’operazione ‘Infinito’ del luglio 2010, coordinata dalla Dda, guidata da Ilda Boccassini. La sentenza è attesa tra fine febbraio e marzo.  Al termine della requisitoria, durata diverse udienze, i sostituti procuratori generali hanno chiesto ai giudici della prima sezione della Corte d’Appello di Milano (presidente del collegio Rosa Polizzi) di confermare le 110 condanne inflitte, con rito abbreviato, il 19 novembre 2011 dal gup di Milano, Roberto Arnaldi, a numerosi presunti boss delle 15 ‘localì (cosche) sparse tra Milano e l’hinterland. La pena più alta, 16 anni di carcere, era stata comminata ad Alessandro Manno, capo della ‘localè di Pioltello, mentre a dodici anni era stato condannato Pasquale Zappia, che nell’ormai famoso vertice tra boss nel centro intitolato a Falcone e Borsellino dell’ottobre 2009 a Paderno Dugnano – anche filmato dalle telecamere degli investigatori – sostituì come ‘capo dei capì in Lombardia Pino Neri. Quest’ultimo è stato condannato nel processo con rito ordinario che si è concluso nei mesi scorsi con 41 condanne. Il gup Arnaldi, in primo grado, con una sentenza ‘storica’, che ha riconosciuto l’esistenza di una ‘cupolà in Lombardia, ha condannato 110 imputati a un totale di quasi mille anni di carcere e oggi i sostituti pg hanno chiesto la conferma della sentenza, limando soltanto ‘al ribassò qualche pena per alcune posizioni ‘minorì (riconoscendo le attenuanti generiche). 

Chiesta anche la conferma delle confische dei beni sequestrati e delle misure di sicurezza per gli imputati. Per la Regione Lombardia e per diversi Comuni, tra cui quello di Bollate, che si sono costituiti parti civili, in primo grado era anche stato riconosciuto un risarcimento che dovrà essere quantificato in sede civile. Nelle scorse settimane, dopo una sentenza della Cassazione che aveva annullato parte delle motivazioni depositate in due tempi dal gup, era emerso il rischio che il processo di primo grado potesse ‘andare in fumò, con anche delle scarcerazioni. Poi la Cassazione ha fatto chiarezza, spiegando nelle sue motivazioni che i giudici d’appello potranno integrare con la loro sentenza la parte annullata delle motivazioni del gup.
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