Arnaldo Lomuti
3 minuti per la letturaPOTENZA – Ha votato a favore della fiducia al governo Draghi, come tutti i parlamentari lucani del Movimento. Ma difende chi non lo ha fatto, chiedendo che sulle espulsioni annunciate si valuti caso per caso. A partire dal “suo” presidente, Nicola Morra, con cui siede in commissione bicamerale Antimafia.
Rimette la toga da avvocato il senatore lucano Arnaldo Lomuti, commentando la frattura apertasi tra i 5 stelle sul sostegno al nuovo esecutivo.
Senatore, lei è stato spesso considerato il parlamentare lucano più vicino alle posizioni dei dissidenti del Movimento vicini ad Alessandro Di Battista. Perché ha votato sì alla fiducia?
«Il “no” significava andare al voto in piena pandemia, consegnare il Paese alla destra e perdere parte dei soldi del Recovery fund, o andare all’opposizione e vedere smontati uno a uno tutto quanto costruito in questi tre anni. Dalla “Spazzacorrotti”, al reddito di cittadinanza al decreto dignità. Il “sì” non ci dà sicurezze, ma significa restare in trincea a combattere anche per quello che resta da fare. Siamo in guerra e abbiamo deciso di continuare a combattere. C’è voluto molto più coraggio a dire “sì”, mentre era molto più semplice dire “no”».
Dice che tanto la legislatura andava avanti lo stesso?
«Forse sì, forse no».
Come replica agli attivisti che protestano?
«Immagino che siano delusi più che altro per come è stato posto il quesito su Rousseau. Ma non credo che il risultato sarebbe cambiato con una formulazione diversa anche perché nella sostanza si chiedeva di fare un governo con Draghi o meno. Si diceva che avremmo ottenuto il Ministero della transizione ecologica che in effetti abbiamo ottenuto. Tutt’al più non era completo perché doveva dire che si entrava al governo con ministri di Forza Italia, Lega e Italia Viva. Faccio notare, però, che mentre tutte le forze politiche hanno detto sì a prescindere a Draghi, noi abbiamo rilanciato e nei ministeri chiave abbiamo tecnici come Vittorio Colao (Innovazione tecnologica, ndr) in continuità col governo Conte».
Come mai i portavoce lucani in Parlamento hanno votato tutti per il sì e al momento non risultano fuoriuscite verso i dissidenti?
«Non so. Non c’è stato un incontro tra di noi per decidere che fare. Forse abbiamo fatto tutti lo stesso ragionamento. Io ad ogni modo rispetto chi ha scelto il “no”. Considerazioni come quelle del consigliere regionale Gianni Perrino sono degne di riflessione. La mia battaglia è stata proprio perché vi fosse una votazione su Rousseau per permettere al “no” di esprimersi, e non era per nulla scontato. Poi ho seguito Beppe Grillo e Giuseppe Conte nella sua visione di un’Alleanza per lo sviluppo sostenibile».
Quindi l’espulsione di Morra?
«Per me sarebbe una perdita enorme non soltanto da un punto di vista politico del M5s ma anche e soprattutto personale. Le espulsioni sono previste dal regolamento se si vota in difformità col gruppo in sede di fiducia. Ma opterei per un approfondimento caso per caso».
E quest’Alleanza di Conte, la vedrebbe già in campo per le prossime amministrative che in Basilicata vedranno in gioco comuni importanti come Melfi e Rionero?
«Perché no».
Senatore, non è che è anche lei in corsa per un sottosegretariato dato che si parla tanto di riequilibrare la provenienza dal Nord di tanti ministri?
«Non sono interessato alla partita per i sottosegreteriati, perché non voglio perdere il contatto col territorio. Se proprio dovessi esprimere un desidero direi che mi piacerebbe lavorare come capogruppo nella commissione inchiesta ecomafie».
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