Palazzo ex Enel sede della Provincia di Vibo
4 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – UN “buco” da 1.350.000 euro. Soldi sottratti alla Provincia di Vibo Valentia – ormai riaccorpata a Catanzaro – dai «fondi residui derivanti da finanziamenti stanziati dalla Regione Calabria per gli eventi alluvionali dell’anno 2002». Cinque indagati, al momento. In prima battuta con Mirella Currò, l’ex dipendente infedele artefice dell’illecito, il marito Baldassarre Bruzzano e le nipoti Maria Menna e Valentina Macrì. Peculato e falso le contestazioni mosse a diverso titolo. Poi – dopo la notifica dei provvedimenti di fermo, convalidati, a carico dei coniugi Bruzzano-Currò, destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare – ecco i nuovi passi di un’inchiesta che si allarga.
SCOPRI TUTTI I CONTENUTI
SULL’AMMANCO MILIONARIO
ALLA PROVINCIA DI VIBO VALENTIA
L’invito a comparire indirizzato alla dirigente del settore Affari finanziari Armanda De Sossi – firmato dal pm Michele Sirgiovanni e notificato dai finanzieri del tenente colonnello Michele Di Nunno, braccia operative dell’indagine coordinata dalla Procura – potrebbe non essere l’ultimo. In altre parole, la vicenda potrebbe registrare nuove iscrizioni sul registro degli indagati.
Accompagnata dai suoi legali di fiducia – gli avvocati Domenico Colaci e Tani Scalamogna – la dirigente dell’amministrazione provinciale oggi sarà chiamata a rispondere alle domande del pubblico ministero titolare del fascicolo in veste di persona indagata per concorso in peculato e falso. E’ la seconda volta che Armanda De Sossi si presenta davanti agli inquirenti, dopo lo scandalo deflagrato lo scorso 12 settembre grazie alla denuncia presentata alla Guardia di finanza dal presidente della Provincia Francesco De Nisi e dal direttore generale Ulderico Petrolo. La prima volta risale ad una settimana dopo la presentazione dell’esposto.
Il 19 settembre scorso, infatti, la dirigente era stata sentita a verbale, senza l’assistenza di un legale, come semplice persona informata sui fatti. Le dichiarazioni di allora sono inserite nel sottofascicolo “C” di un faldone che da allora s’è imbottito di nuovi documenti, compresi i nuovi verbali delle persone, indagate e non, sentite dopo l’esecuzione dei fermi disposti dalla Procura, tra queste Mirella Currò e Baldassarre Bruzzano, che nonostante alcuni dati tutti ancora da chiarire – iniziando proprio dalla sorte del 1.350.000 sottratto alla Provincia – hanno avviato un percorso di collaborazione con l’autorità giudiziaria. Armanda De Sossi, però, aveva aggiunto anche altro.
E cioè che «la tesoreria (il Monte dei Paschi di Siena, agenzia di Vibo Valentia) entro il 31 gennaio di ogni anno trasmette all’amministrazione provinciale il consuntivo dell’anno precedente, rappresentato da tutti i mandati di pagamento e delle schede di svolgimento che si leggono per codice web. Preciso – aveva detto agli inquirenti – che effettuavamo il controllo di corrispondenza tra gli importi risultanti dalla nostra contabilità e gli importi relativi alle schede trasmesse dal tesoriere, pertanto essendo i mandati falsi inseriti in contabilità, vi era una rispondenza di dati. Gli uffici tecnici, ai quali per prassi non vengono inviati i risultati di cassa, non avevano quindi contezza delle somme illegittimamente asportate dai capitoli di loro interesse, anche perché come più volte detto, si trattava di fondi residui anno 2006 e quindi inutilizzati da un paio d’anni».
E poi: «Per quanto concerne la redazione del conto consuntivo o rendiconto di gestione i dati contabili erano quelli che risultavano dalla contabilità, nella fase antecedente a questa c’è però l’operazione di riaccertamento, si verifica se sussistono le condizioni per mantenere il residuo sia esso attivo che passivo. Tale fase prevede una richiesta a tutti i dirigenti responsabili di settore che devono poi comunicare l’andamento della gestione ed eventuali debiti fuori bilancio. I dirigenti responsabili di settore trasmettono una relazione dettagliata sull’anno relativo al consuntivo, non inserendo però i fondi residui degli anni antecedenti».
La conclusione del gip: «Se a tanto si aggiunge quanto affermato dalla Currò in sede di interrogatorio ovvero che il reale stato anche dei fondi in parola poteva essere tranquillamente conosciuto dai dirigenti mediante consultazione degli analitici elaborati del Piano esecutivo di gestione (Peg), può tranquillamente affermarsi che il settore Affari finanziari fosse certamente in possesso, per singola annualità, dei risultati di cassa e, quindi, era in grado di constatare la movimentazione dei capitoli che avrebbero dovuto essere fermi da alcuni anni, tanto più che proprio l’esatta imputazione del capitolo era considerato il proprio ambito di controllo». E ancora: «Emerge a questo punto, verosimilmente, che l’indagata (Mirella Currò, ndr) solo giovandosi di condotte quanto meno omissive, poste in essere da soggetti intervenuti nelle varie fasi di liquidazione dei mandati, abbia potuto concretamente distrarre le rilevanti somme oggetto dei medesimi, avvalendosi quindi di una rete di relazioni instaurate all’interno e all’esterno dell’ufficio».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA