Una protesta di lavoratori davanti alla Camera dei Deputati
5 minuti per la letturaAbbiamo perso la sovranità della gestione strutturale del nostro debito pubblico appesa alle decisioni della Bce e degli investitori esteri. Facciamo finta di non saperlo per potere continuare a fare i nostri soliti giochetti. Vorremmo che tutti i partecipanti a questo festival dell’orrore si ricordassero che cosa è un Paese, che cosa è un governo, che cosa è la sovranità. Che cosa succede quando la si è persa e che cosa si deve fare per riconquistarla
ABBIAMO perso la sovranità della gestione strutturale del nostro debito pubblico appesa alle decisioni della Bce e degli investitori esteri. Facciamo finta di non saperlo per potere continuare a fare i nostri soliti giochetti. Non vogliamo né sentire né vedere. Altrimenti non potremmo continuare a ballare e cantare sulla tolda del Titanic Italia con il teatrino quotidiano della nostra politichetta e gli orchestrali di un talk permanente che musica e fotoromanza tutto ciò che racconta.
Si gioca mentre si sta affondando. Si gioca mentre la pandemia cancella vite umane e il nuovo ’29 mondiale cancella posti di lavoro. Si gioca mentre un cittadino su tre del Mezzogiorno è senza lavoro e il reddito pro capite di venti milioni di persone è ridotto a poco più della metà degli altri quaranta milioni. Siamo sul set a reti unificate di un Paese dove va in onda da giorni la soap opera della crisi di governo più pazza del mondo che ha ridotto il suo Parlamento a teatro di una nuova edizione della “tragedia greca” della prima grande crisi finanziaria.
Si è messo sotto gli occhi del mondo il vestito nudo di un Paese incapace di fare un serio Recovery Plan, di dire chi lo gestisce, e di garantire una solida maggioranza al suo governo. Senza mai pensare che il rischio elezioni e la percezione (non la realtà) di una Bce meno propensa a comprare tagliano le radici all’albero della precaria stabilità italiana. Senza pensare che un Paese che ha perso la sovranità della gestione strutturale del suo debito ha un problema serio, ma che se questo Paese si chiama Italia e i debiti ammontano a 2.600 miliardi, allora di fatto è proprio la sovranità del Paese che non c’è più. Chiariamoci bene. Il 29,94% del debito pubblico italiano è in mano a “istituzioni non residenti”.
Sono istituzioni finanziarie non italiane, banche internazionali, fondi esteri e così via, che hanno in portafoglio titoli sovrani della Repubblica italiana per l’apprezzabile somma di 774,5 miliardi. Il 21% del debito pubblico italiano è in mano alla Banca centrale europea (Bce) che acquista i titoli sovrani attraverso le banche dell’eurosistema, nel nostro caso è ovviamente la Banca d’Italia. Che, tra guadagno sugli interessi percepiti e lauto dividendo riconosciuto al Tesoro, sostanzialmente azzera gli oneri di gestione di questa parte del debito per l’Italia. Resta il fatto che sono comunque soldi non nostri e, soprattutto, decisioni non nostre.
Il Governatore della Banca d’Italia fa parte del Consiglio direttivo e del Consiglio generale della Bce e è una voce molto ascoltata, la rappresentanza italiana nel Comitato esecutivo è da tutti ritenuta autorevole e influente. Di certo, però, l’istituzione che decide è la Banca centrale europea. Che è, per definizione, non nazionale ma sovranazionale. C’è effettivamente un pezzettino minoritario di questi titoli sovrani (170 miliardi) che è detenuto dalle famiglie italiane.
Ci sono poi le banche italiane e, in genere, le istituzioni finanziarie di casa nostra che sono piene di titoli di Stato e, se peggiora lo spread, hanno una brutta vita perché i parametri di sicurezza imposti dalla vigilanza europea peggiorano i loro bilanci. Unipol ha cominciato a alleggerire le posizioni di portafoglio di titoli pubblici italiani proprio perché deve evitare rischi con i parametri di sicurezza.
Dobbiamo prendere atto che l’Italia per la gestione del suo debito è strutturalmente dipendente dalle decisioni della politica monetaria di Francoforte e degli investitori esteri. La domanda dei nostri titoli è ancora alta. Perché diamo rendimenti un po’ più su dello zero migliori degli altri e perché siamo sotto tutela di Francoforte. Un secondo dopo che si chiudono i rubinetti dei piani pandemici c’è il problema italiano. Nel 2011 non c’era l’ombrello della Bce perché il whatever it takes è del luglio 2012 e gli strumenti monetari arrivarono dopo, ma non abbiamo mai perso l’accesso ai mercati. Abbiamo sofferto tantissimo. Siamo arrivati a un passo dal default sovrano, ma all’ultimo istante utile abbiamo reagito tutti insieme e con le nostre forze abbiamo evitato di cadere nel baratro. Abbiamo continuato a pagare molto più degli altri ma non siamo caduti di sotto. Qui oggi se cancelli per un secondo la “protezione”, rischiamo di perdere all’istante l’accesso al mercato.
Questa è la verità che nessuno vuole dire. Di fatto noi non abbiamo l’accesso negato perché la prosecuzione della linea pandemica è fino a marzo 2022. Perché il programma del quantitative easing è stato riaperto e fa il suo ogni mese. Perché i nostri titoli danno un minimo di rendimento con un tasso di rischio basso in quanto c’è la Bce che compra. Nel 2011 non abbiamo perso l’accesso ai mercati grazie a Mario Monti e alle forze politiche responsabili che con il loro sostegno sono riusciti ad abbassare di poco la febbre altissima ma hanno impedito che salisse ancora di più e non ci fosse più nulla da fare.
A farci uscire dal Cigno nero italiano sarà il Cavaliere bianco, Mario Draghi, che ha salvato l’euro e, di riflesso, ha salvato anche noi. Alla fine di quest’anno constateremo che il debito pubblico italiano in rapporto al prodotto interno lordo non diminuisce rispetto al livello del 2020. Diciamo le cose come stanno: è più probabile che aumenti non che diminuisca. Siamo in una situazione drammatica. Perché eravamo messi malissimo prima e perché il nuovo ’29 ha fatto esplodere tutte le nostre fragilità. Non a caso il titolo decennale italiano sul mercato è stato scambiato a un tasso superiore a quello del titolo omologo greco. Che è lo stigma della crisi nel mondo.
Ci rifiutiamo di seguire il balletto inverecondo di incontri, comparse, sceneggiate e alleanze vecchie e nuove dentro questo tunnel di una crisi di governo irresponsabile. Vorremmo che tutti i partecipanti a questo festival dell’orrore si ricordassero che cosa è un Paese, che cosa è un governo, che cosa è la sovranità. Che cosa succede quando la si è persa e che cosa si deve fare per riconquistarla.
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