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REGGIO CALABRIA – Con sette condanne e un’assoluzione si è appena concluso nell’aula bunker di Reggio Calabria il processo in primo grado, celebrato con rito abbreviato, scaturito dall’operazione «Lancio», eseguita dai carabinieri il 13 marzo del 2012, con il fermo di 18 presunti favoreggiatori dell’allora latitante di ‘ndrangheta Domenico Condello, e da uno stralcio dell’operazione «Reggio Nord», condotta sempre dai carabinieri il 6 ottobre 2011. 

Il gup Massimo Minniti ha assolto l’imprenditore Pietro Siclari, accusato di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose, per non aver commesso il fatto. Queste invece le condanne inflitte: Mariangela Amato, 4 anni; Giuseppe Barillà, 4 anni e 4 mesi; Bernardo Vittorio Pedullà, 3 anni; Massimiliano Richichi 4 anni e 8 mesi; Pasquale Richichi, 3 anni; Margherita Tegano, 4 anni; Domenico Viglianisi, 8 anni. L’accusa è stata sostenuta in aula dal pm Giuseppe Lombardo.

Tra gli arrestati, il 13 marzo dell’anno scorso c’erano la moglie, gli zii, il nipote, il padre e le sorelle del ricercato. Giovani ed anziani, tutti al servizio del latitante. L’inchiesta “Lancio” è figlia della scoperta di un covo “caldissimo” di Domenico Condello. E’ l’11 gennaio 2010 quando i carabinieri sfondano la porta d’ingresso di una villetta al civico “3” della via Nazionale a Bolano-Catona, un angolo di Reggio nord al confine con Villa San Giovanni che rientra nel perimetro di dominio del casato Condello-Imerti. Pochi giorni prima, forse poche ore prima, lì dentro c’era stato “U pacciu”. C’è la prova che aveva vissuto in quella villetta come rilevato dagli esperti del Ris di Messina che hanno rilevato il profilo genetico. Ma soprattutto in quel nascondiglio gli uomini dell’Arma hanno ritrovato una montagna di indizi. E lì nel rifugio di Catona anche due “pizzini”, prove gigantesche su chi operava a sostegno del capo. 

Quella di oggi è la prima sentenza scaturita da quell’operazione.

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