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Ursula von der Leyen

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Di “incentivi” legati al Recovery Fund a Bruxelles meno se ne parla e meglio è. Il piano è stato pensato, con una svolta storica nella politica europea, per sostenere una ripresa dalla crisi che sia però anche momento di rilancio delle economie nazionali.

Non è una serie di interventi a pioggia, tanto per distribuire un po’ di soldi a chi riesce ad accaparrarseli, non sono indennizzi per chi ha sofferto, a volte in maniera incommensurabile, i danni della pandemia. “Next Generation EU” si chiama il piano che contiene il Recovery, ed è un nome che spiega bene il suo fine: non un “Present generation”, non un “Past”, ma è un piano per il futuro, che aiuti la ripresa di chi è stato colpito ma, che soprattutto, favorisca, garantisca anzi come vorrebbero alcuni, il futuro dei Paesi dell’Unione.

Quindi debito sì, dopo anni ed anni di scontri l’Unione europea ha accettato che gli Stati aumentino il proprio debito, anzi, lo finanzierà direttamente l’UE unitariamente, ma, come ha spiegato Mario Draghi, deve essere “debito buono”, debito produttivo, che possa rientrare in un tempo definito e relativamente breve, debito che possa creare ricchezza e non nuove disparità.

Investimenti e riforme strutturali è il mantra che arriva da Bruxelles, dove si è sospeso il sacro Patto di Stabilità e lo si lascerà sospeso almeno per tutto il 2021, per poi ridiscuterne la natura per i prossimi anni. Una rivoluzione, a luglio scorso i capi di Stato e di governo dell’Unione hanno fatto una rivoluzione, e come tutte le rivoluzioni (vere) è costata tanto e non ammetterà deviazioni, il controllo sarà severissimo, da parte degli organismi dell’UE e da parte di alcuni Stati membri che sono lì, pronti ad azzannare chi dovesse tradire gli impegni presi.

Ieri la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è stata chiara: «Del fondo di New Generation Eu, parliamo con il governo italiano, così come parliamo con tutti gli altri governo. Ci sono ottimi progressi», ha annunciato. Non è un semplice complimento, è un giudizio espresso dopo mesi di negoziato che si stanno conducendo tra Roma e Bruxelles, nei primi dei quali arrivavano dall’Italia tentativi di spezzettamento degli interventi in rivoli che sarebbero finiti per essere incontrollati, in proposte di “incentivi” che nulla hanno a che vedere con lo spirito del guardare al futuro. Dunque su questi punti l’Italia ha dovuto riguardare le sue carte e riscriverle, come è noto, per scrivere un Piano nazionale sempre più agile, mirato a grandi obiettivi e non piccoli ristori.

E von der Leyen lo ha spiegato durante un breve incontro con la stampa nato per annunciare un nuovo accordo sulla fornitura di vaccini. «Naturalmente stiamo negoziando con gli Stati membri», ha poi sottolineato, ammonendo però che «ci sono condizioni molto chiare che devono essere rispettate per accedere ai fondi” e che queste sono, come si ripete da mesi: “Investimenti, riforme, Green deal, digitalizzazione».

Nell’elenco non ci sono gli “incentivi”, che infatti il governo italiano sta provvedendo a ridurre da un iniziale 40 per cento del Piano ad un attuale 21. E per questo che “ci sono ottimi progressi”, il che però vuol anche dire che ancora non ci siamo. Di riforme ad esempio si parla poco, a Bruxelles vorrebbero sapere cosa di robusto si sta disegnando per una nuova Giustizia, per una Pubblica amministrazione efficiente, per un mercato del lavoro che funzioni. E per incamminarsi, sul serio, in binari d’acciaio che riducano le disparità regionali, come tante e tante volte è stato chiesto all’Italia. Negli ultimi due anni nelle  Raccomandazioni rivolte all’Italia, ed esplicitamente richiamate nelle pagine del Recovery Plan, è scritto che gli investimenti van fatti «tenendo conto delle disparità regionali».

Non è questo un richiamo di routine, la rivoluzione di luglio è stata possibile perché in quella sede l’Italia si è impegnata a “rivoltarsi come un calzino”, come chiedono i partner europei stufi di ritardi e cattiva amministrazione che rischiano di pesare sulle spalle di tutta l’Unione. E che anzi pesano, perché se noi prendiamo 209 miliardi e la Francia, ad esempio, 40, è perché siamo messi molto peggio e dobbiamo por termine a questa situazione.


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