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CROTONE – Un ufficiale dei carabinieri e un componente di una nota famiglia di ‘ndrangheta insieme per risolvere il “problema” di un amico che vantava un credito che non riusciva a recuperare. I protagonisti della vicenda sono il tenente colonnello Enrico Maria Grazioli e Nicola Arena, componente della società che ha realizzato il parco eolico di Isola Capo Rizzuto, sequestrato pochi giorni fa in un’operazione antimafia, nonché imparentato con l’omonima cosca di ‘ndrangheta del crotonese. Con loro anche l’imprenditore Danilo Silipo, 51 anni, residente a Montepaone (in provincia di Catanzaro), l’amico aiutato dai due, e il commercialista crotonese Antonio Francesco Sulla, 44 anni, entrambi indagati.
Le indagini hanno portato oggi all’arresto dell’ufficiale dei carabinieri, così come disposto dal gip di Catanzaro Gabriella Reillo, su richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e del pm Paolo Petrolo. Nei confronti di Arena è stata, invece, applicata la misura del divieto di residenza in provincia di Crotone. Agli indagati è contestato il reato di tentata estorsione, con la Dda di Catanzaro che aveva chiesto anche l’aggravante del metodo mafioso non riconisciuta dal gip.
Secondo le indagini, tra maggio e luglio 2009, quando Grazioli ricopriva l’incarico di comandante del Roni del Comando provinciale di Catanzaro con il grado di maggiore, l’ufficiale avrebbe ricevuto da Silipo l’incarico di recuperare un credito di 40mila euro che lo stesso vantava da un imprenditore crotonese, L.G. Grazioli si sarebbe, quindi, rivolto ad Arena con il quale, è emerso nelle indagini, aveva rapporti amicali nonostante fosse consapevole del suo “spessore criminale”. Arena, insieme a Sulla, avrebbero avviato una serie di azioni per recuperare il credito, “anche avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza di Arena all’omonima famiglia di ‘ndrangheta”.
LE INTERCETTAZIONI. Tra l’ufficiale dei carabinieri Enrico Maria Grazioli, finito in carcere con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, e Nicola Arena, imparentato con la nota cosca di Isola Capo Rizzuto, c’erano rapporti molto stretti. Al punto che, nelle conversazioni intercettate nell’ambito delle indagini condotte dalla Dda di Catanzaro, i due usavano toni molto confidenziali. “Amico mio” era il modo in cui Grazioli avviava quasi sempre le telefonate con Arena. E questo nonostante l’ufficiale sapesse che il suo interlocutore era nipote di Nicola Arena, capo storico della cosca di Isola Capo Rizzuto. Anzi, secondo gli inquirenti, proprio il cognome Arena sarebbe stato utilizzato per “avvisare” l’imprenditore crotonese della necessità di pagare il debito di 40mila euro maturato nei confronti dell’imprenditore catanzarese Danilo Silipo, indagato nel procedimento.
Il quadro delle intercettazioni telefoniche è allarmante, se si considera che Grazioli, sempre secondo le indagini, non usava mezzi termini nel chiedere ad Arena di convincere l’imprenditore L.G. “Questo qui deve soltanto essere preso per le orecchie e portato ad onorare quello che deve…”, afferma l’ufficiale dell’Arma in una conversazione telefonica. Ed ancora, dinnanzi ai continui rinvii: “Bisogna prenderlo e dirgli senti firma questo assegno per quello che è perché adesso hai rotto abbastanza i c….”.
E per convincere l’imprenditore a pagare, sempre secondo l’inchiesta della Dda, Nicola Arena si sarebbe recato tre volte dallo stesso, facendo pesare il suo ruolo. Al centro della vicenda, una fornitura di infissi che Silipo avrebbe fatto per la costruzione di alcune villette a Crotone, poi finite sotto sequestro. Una fornitura di 180 mila euro, per la quale proprio Silipo vantava ancora un credito di 40mila euro.
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