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COSENZA – Questa volta a far slittare il processo si ci mette pure lo sciopero degli avvocati. Tutto legittimo, per carità, ma andatelo a spiegare ai genitori di Roberta Lanzino, di una ragazza violentata e uccisa 24 anni fa che bisogna attendere altri tre mesi per una nuova udienza di un processo che, tutto sommato, è ancora a metà del primo grado. Bisogna spiegarlo ad una città che, nonostante tutto questo tempo, quando rievoca quella terribile vicenda sente ancora i brividi. Perché mai Cosenza era stata segnata in maniera così profonda da un fatto di cronaca che è rimasto bloccato lì nella mente, tanto che tutti ricordano (come quei momenti storici unici) cosa stava facendo e dov’era quando ha saputo la notizia.

Eppure la verità dovrà attendere. Ieri pomeriggio, ore 14, davanti alla corte e alla giuria popolare, davanti al pm e ai testimoni, Giuseppe e Pasquale Frangella, davanti a parte degli avvocati, si è letta la comunicazione dell’adesione dell’avvocato Enzo Belvedere, che difende alcuni degli accusati, al’astensione proclamata dalla camera penale di Cosenza contro la soppressione di alcuni tribunali della provincia. Al presidente della corte d’Assise del tribunale di Cosenza, Antonia Gallo, non è restato che aggiornare a nuova data il processo, che vede sul banco degli imputati tre pastori di Cerisano, ossia Alfredo Sansone, 75 anni, e i figli Franco, 49, e Remo, 48. 

Si riparte il 18 ottobre, tra tre mesi. L’avvocato Ornella Nucci, che rappresenta i signori Franco e Matilde Lanzino, ha tentato di proporre una doppia data, disponibile da agenda del presidente, per due udienze consecutive, ossia il 18 ottobre e il 7 novembre, ma la sua richiesta non è stata accolta.

«E’ un processo troppo lento – ha commentato a seduta tolta – i genitori hanno diritto di sapere la verità e proprio perché sono passati oltre vent’anni non è giusto continuare con questo ritmo. Probabilmente nella prossima udienza potrei proporre di fissare un calendario di udienze, in modo da evitare questi slittamenti lunghi».

Una riflessione che si basa sull’esperienza: basti pensare che nel corso di quest’anno le udienze sono state a gennaio, a marzo, a maggio e infine quella slittata di ieri. Tre in sette mesi. Davvero pochi per il numero e la composizione variegata dei testimoni da ascoltare, che dovranno richiamare alla mente fatti ed episodi risalenti a oltre vent’anni fa. E il moto di stizza è stato evidente anche nei testimoni ieri presenti in aula, i fratelli Giuseppe e Pasquale Frangella, che totalmente scagionati nei tre gradi di giuidizio dal primo processo Lanzino, ora dovranno tornare in veste di testimoni, ad ottobre insieme a Rosario Frangella, a ripercorrere le vicende di quel luglio del 1988. 

Un luglio caldo e soleggiato quando, proprio come oggi, l’estate era nel pieno e i ragazzi come Roberta si affacciavano verso i migliori giorni dell’anno e della loro giovinezza scanzonata. Una corsa interrotta in maniera tragica, per la povera Roberta, senza ancora sapere per colpa di chi e perché.

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