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Silvio Berlusconi

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A CHI gli chiedeva come l’avessero presa Salvini e i suoi Berlusconi rispondeva: “Male, come volete che la perdessero? Ma adesso non è il momento del malumore, è il momento del realismo”. Non vuol dire di più: “ Hanno capito che qualcosa è finita per sempre e non sono sicuri di saper stare al passo dei nuovi tempi rispetto al Paese, non per noi ma proprio per il Paese”.

L’ex premier è con il suo stato maggiore virtuale nella situation room dell’economia, dove è cominciato quello che sui giornali anglosassoni è già “the new round” in cui il nuovo arrivato ha la possibilità di correggere il gioco. Si tratta di tutti i provvedimenti che conosciamo: denaro per le imprese, le partite Iva, la diminuzione della pressione fiscale, le strategie del recovery fund e la raccomandazione di accedere al Mes, in sintonia con Renzi ma in totale attrito con Salvini e Meloni.

Conte si trova per la terza volta nella sua imprevista carriera di premier per caso, di fronte ad una ridistribuzione dei pezzi e dei componenti. La prima è stata il governo giallo-verde, la seconda il giallo-rosso e ora non si trova di fronte a un governo rosso azzurro, ma di fronte a prove che da qualche parte porteranno e che se andranno bene condurranno prima o poi a una crisi della maggioranza, Berlusconi, entra provocando alcuni sospiri di sollievo ma anche molto stridore di denti di altri. Quelli che stridono di più sono i 5S perché nel loro universo parallelo hanno sognato un mondo miserabile in decrescita felice, in cui hanno elargito ai i mafiosi un reddito di cittadinanza, stipendiando legioni di “orientatori”, benestanti a casa che fingono di indirizzare i disoccupati che però non cercano un lavoro che non c’è. I piddini si trattengono dal fare le fusa per l’arrivo di Berlusconi e come sempre il loro copione impone di simulare un interesse apprezzabile senza ridere e neanche sorridere: se va, va. Persino fra Renzi e il Cavaliere c’è più ruggine che polvere d’oro, perché il presidente di Forza Italia non dimentica il modo in cui fu buttato fuori dal Nazareno quando Renzi, con un colpetto notturno, scelse Mattarella per il Quirinale dopo aver stretto l’accordo su Giuliano Amato. Quello scherzo spiazzò Berlusconi, costretto ad approvare Mattarella, ma ricordando che i patti erano altri e se ne andò sbattendo la porta.

La fine del Nazareno rese felici pentastellati, salviniani e Meloni e amareggiò moltissimo il Cavaliere che mi disse: “Crede di essere un piccolo Berlusconi soltanto perché è cresciuto con le mie televisioni ed è un eccellente affabulatore, ma non mi sembra uno stratega di governo”. Infatti, Renzi cadde miseramente sul referendum e il neo eletto Mattarella si trovò a dipanare la più disgraziata, velenosa e stramba crisi della Repubblica trovandosi di fronte a uno sconosciuto che gli presentava un altro sconosciuto dicendogli: “Questo qui lo vogliamo a Palazzo Chigi”.

Acqua passata, ma con ponti e argini crollati. Berlusconi resta prudentissimo ma ha deciso di fare sul serio quando ha ricevuto molti segnali dalla Lombardia e dalla Liguria (un tessuto imprenditoriale e di lavoro che ha sempre votato Forza Italia) di insofferenza in particolare per Toti chiedendo di riavere l’originale senza dover stare ai comandi di Salvini: “Tutta la nostra area è stanca di una prospettiva che non sente sua. Anche se la gente ha votato comprensibilmente per la Lega di Salvini ha intanto avvertito tutte le debolezze strutturali oltre che caratteriali”.

Salvini nel frattempo ha visto crescere di qualche decimale le sue percentuali dopo una flessione a favore di Giorgia. Storie di piccoli numeri. Secondo Berlusconi saranno le manovre economiche di queste settimane che diranno quanto forte sarà la tenuta durante un Natale infelice che non deve essere disperato né irresponsabile. Il messaggio è: noi soltanto possiamo rappresentarvi in una trattativa in cui occorre profonda cultura di governo.


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Alessandro Chiappetta

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