Le intercettazioni dei carabinieri
2 minuti per la letturaCROTONE – Parlavano delle loro strategie, e in particolare del progetto finalizzato ad accaparrarsi la distribuizione dei farmaci in tutta la provincia di Catanzaro, i membri dello stato maggiore del clan riuniti nella tavernetta di pertinenza della casa del loro capo, Nicolino Grande Aracri, a Cutro. Non sapevano che il locale era disseminato di microspie installate dai carabinieri. Era il 7 giugno del 2014. E’ in quella circostanza, come si legge negli atti, che emerge per la prima volta il ruolo di Domenico Tallini, il presidente del Consiglio regionale della Calabria, allora assessore regionale, arrestato stamane su richiesta della Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “FarmaBusiness”.
Il progetto al centro dell’inchiesta era in fase embrionale e mancavano le necessarie autorizzazioni amministrative. I partecipanti evidenzia la necessità di far agire il nascente consorzio nella massima legalità.
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Le microspie capitarono l’espressione “dobbiamo fare una cosa il più pulita possibile”. Il gruppo di preoccupa di coinvolgere nell’operazione professionisti al di sopra di ogni sospetto, di valutare con accuratezza gli assetti economici e finanziari e, soprattutto, di ottenere le necessarie autorizzazioni da parte della Regione.
Uno dei artecipanti al summit, Leonardo Villirillo, parla al riguardo dell’interessamento “dell’assessore” ovvero, secondo gli investigatori dell’Arma, Domenico Tallini. Quest’ultimo, come sarebbe emerso dal summit, si sarebbe occupato dell’iter burocratico e di “risolvere eventuali altre problematiche”. “L’assessore”, inoltre, secondo i partecipanti alla riunione, sarebbe potuto risultare utile anche per altre necessità del clan.
Tallini, secondo quanto detto nel corso della riunione, aveva già individuato 4 farmacie disponibili ad approvvigionarsi dei farmaci occorrenti dal costituendo consorzio. Con questo sistema il clan stimava di poter incassare centinaia di milioni di euro all’anno.
Nel “core business” della cosca di Cutro c’era, dunque, la distribuzione dei farmaci in provincia di Catanzaro, ma anche l’acquisto di prodotti dalle farmacie a prezzi di mercato da rivendere all’estero a prezzi maggiorati. L’inchiesta pone in risalto una truffa al Servizio sanitario nazionale. Gli inquirenti parlano testualmente di un’organizzazione criminale che si propone di esportare illegalmente farmaci oncologici «per rivenderli all’estero con profitti spropositati».
Il sistema è emerso proprio dal summit tenutosi in casa del boss Nicolino Grande Aracri. «Noi acquistiamo dalle farmacie – dicono i membri dello stato maggiore del clan, intercettati dalle microspie piazzate dai carabinieri in casa del capo – aumentiamo il fatturato anche dalle farmacie e noi li rivendiamo all’estero o ad altre parti».
E’ l’ennesima conferma degli interessi della ‘ndrangheta nella sanità calabrese, commissariata ma priva di guida dopo le dimissioni di due commissari, come testimonia anche il commissariamento di due Asp, quelle di Reggio Calabria e Catanzaro, per le ingerenze dei clan.
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