Il boss Nicolino Grande Aracri
2 minuti per la letturaCROTONE – La moglie e la figlia di Nicolino Grande Aracri, Giuseppina Mauro ed Elisabetta Grande Aracri, ma anche la moglie di Ernesto Grande Aracri, Serafina Brugnano, avevano il pieno controllo della potente cosca di Cutro durante il periodo di detenzione dei rispettivi congiunti. Nell’ordinanza notificata oggi per l’operazione “Farmabusiness”, Giuseppina Mauro ed Elisabetta Grande Aracri sono finite in carcere, mentre Brugnano risulta indagata.
Donne con una «posizione di vertice della cosca», come scrivono gli inquirenti. Sarebbero state loro a «rappresentare e restituire le figure apicali dell’organizzazione, provvedendo a dare disposizioni e direttive agli associati nella pianificazione delle attività illecite, anche in ragione delle indicazioni provenienti dai congiunti detenuti».
OPERAZIONE FARMABUSINESS: L’ARRESTO DI TALLINI E L’OPERAZIONE CONTRO I GRANDE ARACRI
Nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari per l’operazione “Farmabusiness”, si sottolinea che le tre donne «provvedono a gestire gli introiti della consorteria mediante la materiale ricezione di danaro da parte delle figure imprenditoriali di riferimento della cosca, quali i cugini Gaetano Le Rose e Giuseppe Ciampà». Non solo, sarebbero state proprio loro a intervenire «nei confronti degli altri sodali al fine di eludere le investigazioni, allorquando le stesse si indirizzano all’apprensione di armi costituenti il potenziale militare della consorteria».
Proprio il ruolo delle donne è stato ribadito anche dal maggiore Danilo Cimicata, del comando provinciale dei carabinieri di Crotone: «Fondamentale è stato il loro ruolo – ha detto nel corso della conferenza stampa – che permettono continuità quando i capi sono detenuti. Sono il tramite con esponenti in carcere, si fanno carico di recuperare crediti mancati per farli confluire nella bacinella. Molti vedono le donne rimaste fuori dal carcere come un punto di riferimento».
Quella dei Grande Aracri è una cosca di ‘ndrangheta con salde radici nel proprio territorio di appartenenza, Cutro e la provincia di Crotone, ma che negli anni ha sviluppato importanti ramificazioni in tutto il nord Italia – a cominciare dall’Emilia Romagna, passando per Lombardia e Piemonte – e anche all’estero, principalmente in Germania dove, fin dai primi anni Novanta, ha reinvestito i cospicui proventi del traffico di droga e armi in attività ricettive come bar, pizzerie e ristoranti.
IL VIDEO DELL’OPERAZIONE CONTRO LA COSCA GRANDE ARACRI
A capo del clan c’è Nicolino Grande Aracri, 62 anni, detto “mano di gomma”, da tempo recluso nel carcere milanese di Opera dove sta scontando un ergastolo, ormai divenuto definitivo con sentenza della Cassazione del giugno 2019, che gli è stato inflitto nell’ambito del processo Kiterion per l’omicidio del vecchio capobastone di Cutro, Antonio Dragone, avvenuto nel 2004 nelle campagne del Crotonese, del quale Nicolino Grande Aracri era stato il braccio destro.
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