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I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo il fermo, emesso dalla Dda, nei confronti di 12 appartenenti alla cosca Nasone-Gaietti, operante nel territorio del comune di Scilla. I fermati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dall’aver favorito un sodalizio mafioso. Le indagini hanno documentato l’infiltrazione pervasiva della cosca negli appalti per la realizzazione del sesto macrolotto dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria. Avrebbero imposto il pagamento di una tangente pari al 3% del valore dell’appalto alle imprese impegnate nei lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e per farlo avrebbero messo in atto una serie di danneggiamenti ai danni delle stesse aziende. È anche questa l’accusa mossa dalla Dda di Reggio Calabria alle 12 persone sottoposte a fermo e ritenute affiliate alla cosca Nasone-Gaietti di Scilla. Le indagini sono cominciate lo scorso anno, dopo l’arresto di Giuseppe Fulco, 41 anni, ritenuto legato alla cosca, bloccato in flagranza di reato per estorsione. L’uomo, secondo l’accusa, aveva chiesto ad un imprenditore che stava effettuando, per conto dell’Anas, i lavori di consolidamento dei costoni rocciosi sulla statale 18 tra il centro abitato di Scilla e la frazione Favazzina il pagamento di una mazzetta di seimila euro, pari a circa il 3% del valore dell’appalto. Le indagini, secondo i carabinieri, hanno permesso di accertare che la cosca aveva preso di mira anche le ditte impegnate sulla A3. Nell’ambito dell’operazione sono stati sequestrati beni per alcuni milioni di euro. Tra i questi figurano 32 tra appartamenti, fabbricati e terreni, un bar-pasticceria e conti correnti bancari, polizze assicurative ed altri prodotti finanziari in fase di individuazione. Il valore deve essere ancora quantificato.  

La richiesta e riscossione del «pizzo» alle numerose imprese impegnate nei lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 SA-RC, pari al 3% dei lavori eseguiti, da parte della cosca Nasone–Gaietti di Scilla era «sistematica». Gli inquirenti hanno verificato e documentato sei casi di danneggiamento finalizzati all’estorsione di somme di denaro. Le pressioni sulle ditte impegnate nei lavori riferiti al tratto di competenza del clan erano esercitate attraverso danneggiamenti, incendi e vari altri atti intimidatori all’interno dei cantieri. La cosca Nasone-Gaietti, in quanto «proiezione» territoriale della ‘ndrangheta nella fascia tirrenica della provincia di Reggio Calabria, era «legittimata» dagli altri clan a «sollecitare» attraverso reiterate azioni di danneggiamento ed intimidazioni ed a riscuotere, una quota dei proventi delle estorsioni connesse ai lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 SA-RC pari al 3%, «somma – si legge negli atti – pretesa a titolo di imposizione di «pizzo» anche in Calabria da parte delle cosche che esercitano il proprio dominio nei territori in cui vengono eseguiti i lavori». Per quanto riguarda le estorsioni contestate, il danneggiamento dei mezzi di lavoro è il segnale lanciato dalla consorteria criminale alla ditta appaltatrice. «I danneggiamenti, pianificati nei minimi dettagli – scrivono gli inquirenti – ed accompagnati dalla minuziosa conoscenza delle aree di cantiere da parte degli arrestati, erano finalizzati a mettere i responsabili delle varie ditte in contatto con gli emissari criminali di volta in volta designati, come condizione necessaria al regolare proseguimento dei lavori». La conoscenza precisa dei luoghi e delle realtà lavorative delle ditte impegnate era talvolta favorita dall’assunzione nelle stesse ditte di accoliti che diventano veri e propri collegamenti con i criminali di riferimento. Nel caso in cui il segnale non veniva immediatamente recepito, veniva attuata una serie di intimidazioni fino a raggiungere gli obiettivi desiderati. «Tale escalation – affermano gli inquirenti – è sempre pianificata, concepita e metodicamente realizzata. Ogni atto fa parte di una precisa «strategia della tensione» senza soluzione di continuità. In tal modo la cosca mafiosa ha condizionato il regolare e quotidiano svolgimento della vita economica e sociale della comunità scillese; non sono state risparmiate neanche le piccole attività economiche del territorio». Nessuno poteva interferire con gli interessi della cosca. Emblematico il caso di una piccola attività commerciale storica scillese che, nella notte tra il 18 e 19 febbraio scorso, ha subito l’incendio dell’esercizio commerciale ubicato nel porticciolo turistico di Scilla. Unica colpa del titolare: aver richiesto al Comune di Scilla una nuova concessione in un’area del porto di interesse della cosca.

I NOMI. Sono stati tutti eseguiti dai carabinieri i 12 fermi emessi dalla Dda di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Alba di Scilla”. Si tratta di Arturo Burzomato, di 22 anni; Carmelo Calabrese (40); Annunziatina Fulco (47); Matteo Gaietti (43); Francesco Libro (38); Antonino Nasone (31); Domenico Nasone (29); Domenico Nasone (43); Francesco Nasone (40); Rocco Nasone (38); Virgilio Nasone (68); Pietro Puntorieri (24).

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