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COSENZA – Un altro imprenditore denuncia e il pm annulla la precedente chiusura delle indagini preliminari per poi procedere, una volta inserita la nuova accusa, con una notifica bis agli stessi indagati. La vicenda è quella delle presunte truffe Confidi, con la chiamata in causa di Giuseppe Carotenuto, Gianfranco Vecchione (rispettivamente presidente e direttore generale della Confidi “Opus Homini”) e Giovanni Falanga (presidente della “Finlabor”). Secondo l’accusa avrebbero approfittato del loro ruolo per gestire a piacimento i finanziamenti destinati alle imprese in difficoltà. Il gip Livio Cristofano nell’ordinanza notificata ai diretti interessati lo scorso 26 gennaio, scrisse, sposando la tesi dalla Procura di Cosenza, che «risulta clamorosamente evidente come i tre abbiano biecamente strumentalizzato le finalità solidaristiche e mutualistiche dei Confidi e del Fondo di prevenzione antiusura per sfruttarle a fini prettamente privatistici ed egoistici, gestendo i consorzi in maniera del tutto arbitraria e particolaristica, asservendoli a fini clientelari e amicali».

Riferendosi a presunte complicità nella gestione illecita dei finanziamenti, sulla quale sta tuttora lavorando il pm titolare del procedimento, il pm Paola Izzo, della procura bruzia,  lo stesso gip aggiunse: «Appare evidente che l’analisi delle emergenze investigative abbia messo chiaramente in luce la sussistenza di un consolidato sodalizio criminoso, che, peraltro, deve ritenersi, con certezza pressochè totale, essere molto più ampio di quello indicato nella contestazione della Procura e di quello sinora venuto alla luce». 

Ipotesi d’accusa alle quali hanno dato corpo le dichiarazioni di diversi imprenditori, i quali hanno raccontato al pm di essere stati di fatto costretti a versare più del dovuto ai responsabili Confidi per vedere soddisfatta la loro richiesta di finanziamento. Gli indagati si sarebbero cioè fatti versare dai beneficiari commissioni variabili tra il 5 e il 10% (mentre la percentuale legale è dell’1%). Così facendo, e sempre secondo l’accusa, il trio tra il 2008 e il 2010 si sarebbe procurato un ingiusto profitto di 513.475 euro, inducendo in errore il Ministero delle Finanze e dell’Economia. 

Un mese fa il pm Izzo –  ipotizzando le accuse di truffa e tentata concussione – notificò ai tre la chiusura delle indagini preliminari dandogli i classici venti giorni di tempo per produrre memorie difensive o chiedere di essere interrogati. Ebbene, è accaduto che pochi giorni dopo un altro imprenditore cosentino si è recato nell’ufficio del magistrato per presentare una denuncia contro i tre indagati. Ha cioè raccontato di aver anch’egli pagato commissioni non dovute a fronte di un finanziamento di 800mila euro. A questo punto la Izzo ha annullato la precedente ordinanza di chiusura delle indagini preliminari per inserire questo nuovo presunto episodio, quindi ne ha emessa un’altra, notificata ai tre in questi ultimi giorni. La cosa ha comportato lo spostamento degli interrogatori (fissati proprio per questa settimana) ai quali gli indagati avevano chiesto di essere sottoposti a seguito della “vecchia” chiusura delle indagini preliminari. Per la cronaca sempre in questi giorni il gip Cristofano, accogliendo la richiesta dell’avvocato Franco Locco e col parere favorevole della stessa Izzo, ha revocato la misura della presentazione presso la polizia giudiziaria, cui Falanga era costretto. 

 

 

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