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VIBO VALENTIA – E’ terminata dopo circa 10 mesi la latitanza di Domenico Macrì, 26enne vibonese, considerato componente del clan Lo Bianco e vicino al gruppo capeggiato da Andrea Mantella. A porvi fine i carabinieri della Compagnia di Vibo e della Stazione di Vibo Marina che l’hanno stanato oggi in tarda mattinata. Il giovane, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip distrettuale di Catanzaro su richiesta della Dda del capoluogo di regione, è coinvolto nell’inchiesta “The Goodfellas” relativamente a reati di associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, danneggiamenti e altro. Reati aggravati dalle modalità mafiose. Macrì era riuscito a sottrarsi alla cattura già il 7 luglio 2011 quando gli uomini della Mobile di Vibo erano andati a notificargli un provvedimento di carcerazione dopo la decisione del Tribunale del riesame sempre inerente la stessa inchiesta arrivata a conclusione il 30 marzo di quest’anno con il primo grado di giudizio che aveva visto la condanna del 26enne, il quale secondo alcune informative era stato incaricato da Andrea Mantella di scrivere su un muro nel centro di Vibo frasi ingiuriose contro il procuratore capo Mario Spagnuolo,  alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione.

L’operazione, denominata “Cincinnato”, si è basata su attività di investigazione tradizionale, con appostamenti e raccolta di informazioni, senza quindi avvalersi delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Ad operare fattivamente sul campo gli uomini della stazione di Vibo Marina che tra sopralluoghi di tipo classico e annotazioni di personaggi di un certo calibro nella zona costiera del capoluogo di provincia, sono riusciti a fare terra bruciata attorno al latitante e a chiudere il cerchio. E così, oggi a mezzogiorno, è scattato il blitz. Domenico Macrì, negli istanti immediatamente precedenti la cattura, si trovava al’interno di un immobile di tre piani sito nel rione “Pennello” a Vibo Marina di proprietà del nonno e ormai abbandonato a se stesso e a poca distanza dall’edificio nel quale, il 21 marzo scorso venne assassinato Francesco Scrugli, altro elemento di spicco del clan vibonese. Il giovane, che probabilmente era in procinto di lasciare il covo, si è accorto della presenza dei militari dell’Arma solo nel momento in cui è scattata l’irruzione. Ha, quindi, tentato la fuga per le scale con l’intenzione di raggiungere la stanza in cui si trovava la lavatrice dietro la quale era stato ricavato un anfratto in cui si poteva nascondere. Tutto inutile, alla vista del personale della Benemerita ha esclamato: «Non sparate, non scappo». 

Adesso si stanno cercando gli eventuali complici che hanno potuto favorire la sua latitanza visto che ci sono più che validi e reali motivi che il 26enne vibonese mentre era uccel di bosco continuava a pagare il suo avvocato, si possa essere appoggiato a qualcuno.

 

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