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L'ex Commissario alla Sanità in Calabria, Saverio Cotticelli

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Ci sono voluti otto mesi per capire chi era il soggetto attuatore del piano covid in Calabria. Otto mesi per aspettare i bandi di Arcuri sulle terapie intensive, nonostante il documento firmato dal commissario Cotticelli, lo stesso che in una imbarazzante intervista scopre che il 27 ottobre scorso Speranza gli aveva detto che era lui il soggetto che doveva attuare il piano, e otto mesi di scontri istituzionali e perdite di tempo che sono costati una zona rossa alla Calabria. Ma alla fine Saverio Cotticelli è stato mandato a casa in diretta tv?

Neanche per sogno. Il commissario al piano di rientro dal debito sanitario della Regione Calabria si era già dimesso il 10 ottobre scorso. Si aspettava solo l’ufficialità e il cambio di passo dopo il rinnovo del decreto Calabria.

Il teatrino visto in televisione due giorni fa che ha messo in mostra tutta l’inadeguatezza dell’ex generale dei carabinieri alle prese con la sanità calabrese è a tratti inspiegabile. Perché ha detto che il piano Covid doveva farlo lui se in Calabria di piani ce ne sono due e uno è stato firmato a giugno? Il primo annunciato dalla presidente Jole Santelli il 10 marzo scorso in un tripudio di collaborazione con Cotticelli, il secondo licenziato con decreto del commissario ad acta, il numero 91: “piano di riorganizzazione della rete ospedaliera”.

È il famoso disegno dei 124 posti letto aggiuntivi per la terapia intensiva e 128 per la subintensiva che il commissario Arcuri ha messo a bando, delegando direttamente Asp e ospedali come soggetti attuatori, ad ottobre. Ma per il ministero, invece, era il commissario Cotticelli a doverne dare attuazione. Quello che si è visto in diretta televisiva due giorni fa e il conseguente tweet di Giuseppe Conte che ha cancellato in un attimo il ruolo di Cotticelli da commissario sa di resa dei conti a reti unificate.

In realtà era tutto già scritto. Il ministro Speranza aveva chiamato Cotticelli diverse settimane fa all’indomani di una riunione di verifica del piano di rientro dal debito, schizzato nuovamente sui 200 milioni, durata due giorni. Insomma, si aspettava solo un cambio di guardia ufficiale, mentre l’ex generale in pensione è rimasto arroccato negli uffici della Cittadella regionale in attesa. Tutto quello che è davanti agli occhi è frutto di una responsabilità collettiva, non solo decennale, politica e burocratica. Dalle scelte dei governi all’innocenza presunta della Regione, passando ovviamente per il sacrificato commissario ad acta.

PRIMA DEL COVID

Saverio Cotticelli è stato nominato nel 2018 alla guida della struttura commissariale calabrese. Fu una decisione dell’allora governo a trazione leghista e pentastellata. All’epoca al Governo c’erano Giuseppe Conte, Giulia Grillo alla Salute, Matteo Salvini agli Interni e Giovanni Tria all’Economia. La storia di Cotticelli è costellata più da fallimenti che successi: l’unico atto degno di nota è stato autorizzare poco più di 400 assunzioni in un sistema sanitario che richiederebbe almeno 3mila 700 persone in più. In fondo al commissario sono richieste due cose: pareggiare il debito sanitario e raggiungere dati accettabili sui Livelli essenziali di assistenza. E invece le continue e ripetute riunioni semestrali di verifica hanno prodotto l’esatto contrario.

Ad agosto 2019 il disavanzo certificato e non coperto era di 105 milioni di euro mentre la stima sul punteggio Lea era di 139 su un minimo di 160, ad ottobre 2020 è sui 200 milioni mentre il punteggio Lea sfiora finalmente l’idoneità arrivando a 162. In mezzo ci sono i debiti verso i fornitori fermi a circa un miliardo di euro.

E poi il caos gestionale: due Asp (Reggio Calabria e Catanzaro) sciolte per mafia. Dopo lo scioglimento di Reggio, ad aprile 2019, la reazione del governo pentaleghista fu il decreto Calabria che tra le altre cose ha strappato le nomine alla politica per i vertici delle aziende. Ma anche lì è un caos. Le aziende sono rimaste in mano a reggenti per mesi lunghissimi. Subito dopo inizia una lottizzazione in salsa nazionale.

In questo caos Cotticelli non ha brillato: ci ha messo nove mesi dall’approvazione del decreto a stipulare una convenzione con l’Anac e oltre un anno per mettere in piedi l’obbligatorio piano di rientro triennale. Poi è arrivata la resa dei conti nell’ultimo incontro interministeriale: due giorni di riunioni sul perché il debito fosse aumentato a dismisura (obbligando per la terza volta lo Stato ad aumentare le aliquote Irpef e Irap per tentare di ripianare il debito) e infine le dimissioni, il 10 ottobre scorso. Cotticelli da quel giorno è rimasto in attesa di un incontro con Speranza.

L’EMERGENZA

Nel frattempo che si consumava l’ordinario è arrivato il coronavirus. A marzo scorso il ministero ha delegato direttamente la Regione nella gestione della pandemia, che a sua volta ha nominato una task force di esperti e un soggetto delegato all’emergenza. In quei giorni in molti si erano chiesti che fine avesse fato il commissario che, laconico, rispose di non avere “poteri” sul caso essendo la Regione nominata alla gestione.

Ed è arrivato il primo piano: 400 posti letto, individuazione della rete e possibilità di utilizzare i beni confiscati per riconvertirli in centro Covid. Tutto questo è rimasto sulla carta. Poi a maggio il governo modifica la rotta, assegnando le responsabilità dell’emergenza al commissario. La struttura a giugno licenzia un piano monstre: ampliamento dei posti letto in terapia intensiva e sub intensiva, ristrutturazione dei pronto soccorso, creazione dei percorsi covid e strutture modulari montabili all’occasione in caso di emergenza assoluta. E poi le assunzioni, almeno 500 tra medici, operatori e infermieri per gestire l’emergenza.

Per la Santelli si tratta di un piano “inattuabile” accusando Speranza e Conte di avere per l’ennesima volta esautorato la Regione dalla gestione. Ma in fondo anche questo in buona parte è rimasto carta straccia. Delle terapie intensive in più ne sono arrivate molto poche, nessuna di quelle previste dal piano. La Regione in tutto questo prima ha accusato le dirigenze ospedaliere, poi direttamente il commissario non spiegando mai chiaramente invece come ha speso gli 87 milioni destinati all’emergenza.

Ad un certo punto la giunta ha deciso anche di rimodulare il Por Calabria per aprire nuove terapie intensive. Intanto in queste ore si è subito dimenticata delle figuracce: l’ultima due giorni prima della dichiarazione di zona rossa della Calabria. Nel ricalcolo del bollettino regionale sono “sparite” ben 16 persone ricoverate in terapia intensiva: “non erano intubati” diranno. La colpa è solo di Cotticelli?


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