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LAMEZIA TERME – Un giovane, Giuseppe Francolino, 26 anni, di Santa Domenica di Ricadi, morì improvvisamente all’ospedale di Lamezia dopo un intervento di appendicectomia il 27 agosto del 2009. Per quella morte si aprì subito un’inchiesta sfociata ora nel rinvio a giudizio per alcuni medici del reparto di chirurgia, fra i quali Giuseppe Cianci, Luigino Borrello, Roberto Daffinà (tutti difesi dall’avvocato Francesco Gambardella) e Carmine Numera (difeso dall’avvocato Nico D’Ascola) che dovranno infatti affrontare il processo (prima udienza fissata per il 17 novembre 2012) per quella morte sospetta . Altri medici del reparto di psichiatria, Franco Cappello e Gianpiero Barillà, difesi dall’avvocato Pino Spinelli, saranno giudicati invece con il rito abbreviato (udienza fissata per il 20 giugno prossimo). Lo ha deciso il gip di Lamezia, Barbara Borelli, che ha accolto la richiesta di processare i medici che era stata avanzata dal pm Maria Alessandro Ruberto. Francolino è deceduto nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Lamezia, una settimana dopo l’intervento di appendicectomia per una peritonite. I carabinieri avevano acquisito le cartelle cliniche e la Procura avviò le indagini, da cui erano sfociati 14 avvisi di garanzia nei confronti di alcuni medici del reparto ma anche dell’Unità operativa di psichiatria. Era il 17 agosto 2009 quando Giuseppe Francolino si era recato presso il pronto soccorso di Vibo con dei forti dolori all’addome. Da Vibo, dopo il ricovero, i medici lo avrebbero dimesso, prescrivendogli degli antidolorifici. Ma i genitori, considerato che le sue condizioni non miglioravano con i farmaci, decisero di portarlo all’ospedale di Lamezia. Qui i medici diagnosticarono un’appendicite acuta e sottoposto il giovane con urgenza ad intervento chirurgico per il «ricorrere di una peritonite stercoracea», come affermarono i vertici dell’Asp. L’operazione sembrava fosse andata bene, nessuna complicazione. Erano trascorsi già diversi giorni dall’intervento chirurgico ma le condizioni di Giuseppe improvvisamente si aggravarono al punto tale che il giovane morì. La famiglia del giovane, assistita dagli avvocati Saverio Ciccarelli e Diego Brancia del Foro di Vibo Valentia, fin dalle prime battute dell’inchiesta invocò giustizia, nella convinzione che nei giorni trascorsi tra l’operazione e il decesso sarebbe accaduto qualcosa. Nel racconto dei familiari del giovane, si affermò che il giovane andò all’ospedale di Vibo con una richiesta di ricovero per sospetta appendicite ma  invece gli diedero un calmante. Il medico del pronto soccorso di Vibo avrebbe detto ai familiari che, passato il dolore, il paziente poteva andarsene a casa. Ma il dolore non passò e il giorno dopo Francolino tornò al pronto soccorso dell’ospedale di Vibo dove i medici avrebbero detto alla famiglia che non c’erano posti letto, nemmeno al vicino ospedale di Tropea e che avrebbero dovuto recarsi a Lamezia dove, tra l’altro, il ventiseienne fu portato con l’auto del padre poiché non ci sarebbe stata nemmeno la disponibilità di un’ambulanza. E per quale caso la direzione dell’Asp nominò una commissione interna di indagine.

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