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REGGIO CALABRIA – Le immagini riprendono i carabinieri mentre fanno irruzione nella località in cui si nascondeva. E poi lo ritraggono mentre esce ammanettato, a testa bassa. Rocco Trimboli stava diventando pian piano un boss. Ed il rispetto da parte dei capi delle altre cosche di ‘ndrangheta se lo stava conquistando gestendo affari in Piemonte e Lombardia dalla Locride, dalla quale non si era mai spostato.   Il latitante, 45 anni, di Platì, è stato arrestato a Casignana dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Ros dopo che è riuscito a sfuggire all’arresto per due anni. Era stato a lungo il luogotenente del boss Pasquale Marando, stratega dei traffici internazionali di cocaina e ne aveva preso il posto nel 2001 quando Marando era stato vittima di lupara bianca. Da quel momento il ruolo di Trimboli all’interno della ‘ndrangheta era diventato sempre più influente.

Sulle montagne di Platì, il 10 ottobre 2001 fu localizzato ed arrestato da personale del Ros, dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria e dal Gruppo di Locri, mentre si trovava in compagnia di un altro latitante, Pasquale Barbaro, 51 anni, detto «Testa di Muschitta», appartenente alla ‘ndrina dei Castani e cognato di Giuseppe Pelle detto Gambazza. Con loro finirono in carcere altri 8 affiliati, tutti sorpresi durante un summit di ‘ndrangheta. Poi, però, nel 2003 venne scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare e avvalendosi della collaborazione dei fratelli Saverio (già latitante inserito nell’elenco dei 100) e Natale (tuttora latitante) ed in virtù del suo rilevante ruolo in seno alla ‘ndrangheta del paese di origine, avrebbe continuato a rappresentare un punto di riferimento per le ‘ndrine.

  Il suo contributo costante allo sviluppo dell’organizzazione mafiosa al Nord è stato alla base del provvedimento restrittivo scaturito dall’operazione «Minotauro», condotta dai carabinieri in Piemonte nel giugno del 2011 con l’arresto di 151 indagati, ritenuti appartenenti alla ‘ndrangheta in Calabria, Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna. In Piemonte, in particolare, Trimboli continuava a recarsi prima del successivo stato di latitanza, per partecipare a riti di affiliazione di nuove leve ‘ndranghetiste, organizzate al Nord ma sempre decise dai vertici del «locale» di Platì, tra cui Trimboli. Tra il 2009 ed il 2010, l’Arma, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale di Reggio Calabria, ha individuato e sequestrato ben 10 bunker risultati nella disponibilità di soggetti legati o appartenenti alla ‘ndrina capeggiata da Trimboli. 

E’ proprio dall’operazione Minotauro, come ha spiegato il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che «è emerso il ruolo di Trimboli, prima della latitanza, di fare la spola tra il Piemonte e la Calabria per dirigere l’attività delle cosche di ‘ndrangheta che si trovano nel nord». Attività che ha riguardato non soltanto i traffici di droga ma anche l’accaparramento di appalti pubblici per milioni di euro.   

«Trimboli, però – ha detto ancora Gratteri – non ha mai voluto allontanarsi dalla Locride perchè ha capito che se lo avesse fatto avrebbe perso la sua leadership. E questo un aspirante boss non può permetterselo».   Le varie fasi dell’arresto di Trimboli sono state illustrate dal capitano del Ros Massimiliano D’Angeloantonio. «Il latitante – ha detto – si nascondeva in una piccola casa nel centro di Casignana immersa in un dedalo di vicoli e viuzze in cui era molto difficile districarsi. Prima di scovarlo abbiamo perquisito una ventina di case, ma alla fine siamo riusciti ad individuarlo. All’inizio Trimboli ha negato la sua identità, ma alla fine ha dovuto arrendersi».   «Soltanto i carabinieri del Ros e quelli del reparto Cacciatori – ha commentato Gratteri – potevano arrivare al covo impenetrabile di Trimboli».   Nella casa in cui si nascondevano il latitante c’erano anche due donne, una delle quali molto anziana, che sono state denunciate. Sul letto di Trimboli sono stati trovati alcuni frammenti di pizzini, che adesso si sta cercando di ricostruire, un computer e alcuni telefoni cellulari».

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