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Giuseppe Conte durante la presentazione dell'ultimo Dpcm

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CALABRIA, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta saranno zona rossa. Puglia e Sicilia arancione. Nell’area gialla rientrano invece Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Toscana, Molise, Marche, Sardegna e Friuli Venezia Giulia. Si compone così l’Italia al tempo della seconda ondata della pandemia. Ad assegnare i colori, a seguito dell’ordinanza firmata dal ministro della Salute, Roberto Speranza, è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, illustrando il Dpcm ieri sera in conferenza stampa.

Slitta di un giorno l’entrata in vigore del Dpcm con le misure di contenimento della nuova ondata di Covid 19. Il governo, nella serata di ieri, ha deciso il rinvio per «consentire a tutti di disporre del tempo utile per organizzare le proprie attività», hanno spiegato da Palazzo Chigi. Scatterà quindi venerdì il coprifuoco alle 22, e fino alle 5, su tutto il territorio nazionale, insieme alle altre disposizioni previste dal Dpcm firmato dal premier, e pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale, che resterà in vigore fino al 3 dicembre, dividendo l’Italia in tre zone – gialla, arancione e rossa – con misure più restrittive per le regioni negli scenari 3 e 4, cioè quelle con elevata o massima gravità dei contagi, con divieto di spostamenti tra regioni e nei comuni fino ad arrivare allo stop per negozi, ristoranti ma non per i parrucchieri, salvi all’ultimo miglio della trattativa. Intanto, ieri la curva epidemiologica è tornata a salire, e i nuovi contagi sono stati 30.550 su 212mila tamponi, 352 i morti.

LA FIRMA DOPO LE TENSIONI CON LE REGIONI

La firma del premier è arrivata dopo la mezzanotte di martedì, dopo l’ennesimo braccio di ferro con le Regioni, con il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, con l’appoggio dei presidenti della Campania e dell’Emilia Romagna, Vincenzo De Luca e Stefano Bonaccini, a ribadire fino all’ultimo la necessità di «misure omogenee» per tutto il territorio, recriminando di essere state «esautorate nella definizione delle zone di rischio», le tre aree in cui il provvedimento divide il Paese in base ai diversi livelli di criticità individuati attraverso 21 parametri. E dopo la strenua opera di mediazione portata avanti fino alla firma del Dpcm, il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, è tornato ad “affrontare” le Regioni, sottolineando che il governo le ha sempre consultate su tutto e sostenendo che «la strategia adottata non vuol dire esautorare i territori ma anzi vuol dire lavorare insieme responsabilizzandoli».

«Sono sicuro che questo meccanismo di suddivisone in fasce funzionerà», ha aggiunto, per poi ribadire che «il governo ha assicurato a Regioni e Comuni che tutti i ristori per le attività che dovessero essere chiuse saranno automatici e tempestivi». Ma a stretto giro il governatore campano ha nuovamente tuonato: «Si assumerà il governo la responsabilità sanitaria e sociale conseguente alle sue scelte, sempre ritardate, e sempre parcellizzate». I governatori temono le proteste delle categorie penalizzate dalle restrizioni più severe, fino ai lockdown territoriali che avranno come scenario i loro palazzi istituzionali, oltre che quelli romani. Per questo moti di loro sono passati dal «chiudo tutto» al «chiudete tutto».

I RISTORI

Le tensioni sociali preoccupano anche il premier e l’intero governo che sta lavorando per mettere a punto un decreto Ristori bis per le attività costrette a chiudere, che si conta di portare in Consiglio dei ministri stasera, con un pacchetto di misure che dovrebbe valere tra 1,5 e 2 miliardi. I ristori saranno calcolati sull’incrocio tra nuove categorie interessate e differenziazione territoriale. Esclusa finora, l’ipotesi di uno scostamento torna a farsi strada e il governo starebbe comunque già lavorando su tempi e entità di un possibile nuovo intervento, se si renderà necessario.

LE MISURE DEL DPCM

Da oggi oltre al coprifuoco – che rende necessaria l’autocertificazione per la circolazione “fuori orario” – su tutto il territorio nazionale la didattica si svolge a distanza al 100% per le scuole superiori di secondo grado, nelle zone a più alto rischio lo sarà anche per la seconda e la terza media. In classe è obbligatorio l’uso della mascherina, tranne che per i bambini fino a sei anni e per chi ha particolare patologie. I mezzi del trasporto pubblico locale non potranno accogliere più del 50% della loro capienza massima. Chiusi anche i musei e le mostre, i centri commerciali nel weekend (salvo farmacie, negozi di generi alimentari e poco altro), ma non le medie e grandi strutture di vendita, portando il Consiglio nazionale dei centri commerciali (Cncc) a parlare di «una grave distorsione della leale concorrenza». Restano accessibili i parchi e anche le aree gioco. “Salve” le crociere cui la prima bozza del Dpcm aveva dato lo stop.

Un’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, d’intesa i governatori, individua le regioni, o parti di esse, che si collocano in uno scenario di tipo 3 o 4, con un livello di rischio alto e massimo. Le ordinanze sono valide per un periodo minimo di 15 giorni e il ministro, con frequenza almeno settimanale, provvede a verificare la persistenza o meno di una situazione di criticità. Nelle zone arancioni è interdetto ogni movimento in entrata e in uscita dai territori, salvo che per esigenze di lavoro o salute e necessità. Ed è vietato lo spostamento in un comune diverso da quello di residenza o domicilio. Bar e ristoranti, gelaterie e pasticcerie saranno chiusi, con possibilità di attivare l’asporto, ma fino alle 22. Nelle zone rosse sale il livello dei divieti: sospese anche le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione la vendita di generi alimentari, farmacie, parafarmacie, tabaccai, edicole, parrucchieri, centri estetici e, decisione dell’ultimo momento, anche le profumerie. Resta consentito svolgere individualmente attività motoria vicino casa, nel rispetto del distanziamento.


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