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LAMEZIA TERME – I giudici del tribunale non ci hanno creduto. Gli episodi di violenza sessuale che una donna aveva denunciato ai carabinieri di aver subito dal cognato, fratello del marito, secondo il collegio giudicante del tribunale di Lamezia, non si sarebbero verificati così come avrebbe raccontato la parte offesa. Che cioè il cognato l’avrebbe violentata. Una versione non ritenuta credibile poiché la donna, denunciando il cognato, avrebbe voluto «giustificare» una relazione che avrebbe intrattenuto con il cognato. E ora, dopo la sentenza di assoluzione pronunciata per l’imputato presunto «orco», la donna rischia un processo per calunnia. Da parte offesa dunque ad indagata. Nell’emettere il verdetto di assoluzione per il lametino F.G. «per non aver commesso il fatto», il tribunale di Lamezia (presidente Giuseppe Spadaro; a latere Angelina Silvestri e Gustavo Danise) ha infatti contestualmente disposto la trasmissione degli atti a carico della donna alla Procura. Tutto questo, perché, la donna, dapprima presunta vittima degli abusi sessuali ora è stata sconfessata dall’esito del processo, rischiando, quindi, a sua volta, un processo per calunnia. Le troppe discrasie fra la denuncia della donna e quello che poi è emerso durante il dibattimento, evidentemente hanno convinto i giudici a scagionare l’imputato il quale ha dovuto difendersi dalle infamanti accuse di violenza sessuale, minaccia ed ingiurie nei confronti della giovane cognata. Contro tale tesi si era, da subito, battuta la difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Giancarlo Nicotera, che viceversa sosteneva l’innocenza del proprio assistito asserendo che la realtà non era, in alcun modo, quella prospettata dalla presunta vittima che avrebbe invece – con la sua denuncia ai carabinieri per fatti risalenti al 2005 – tentato di convincere il marito, fratello dell’imputato, che sarebbe stata violentata e che quindi fra lei e il fratello del marito non c’erano stati rapporti consezienti.
La stessa difesa, adombrando palesi dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni accusatorie della donna, aveva immediatamente sostenuto che nessuna violenza sessuale si era mai consumata. Niente da fare nemmeno per il pubblico ministero Domenico Galletta, che aveva chiesto la condanna di F.G. a quattro anni di carcere.
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