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Siamo bombardati dai numeri dei contagiati. Nessun bollettino, tuttavia, viene illustrato al pubblico con un approccio diverso dal solito. Si dice prima il numero dei nuovi positivi, poi il numero totale dei contagiati, alla luce dei tamponi fatti. Ma se – facciamo un esempio – su 250 mila tamponi i nuovi positivi sono 25 mila, significa che ben 225 mila tamponi hanno dato un esito negativo.
Quindi pensate come cambierebbe una notizia data così. Farebbe tirare un respiro di sollievo alla gente angosciata dalla situazione che sta vivendo. Se i numeri dei positivi si avvicinano a quelli della scorsa primavera va pure detto che quando tiri in porta 100 volte hai più possibilità di fare gol rispetto a quando tiravi soltanto 5 volte. Ovviamente non è di pallone che stiamo parlando ma dei tamponi.
Il virologo Giorgio Palù, emerito dell’Università di Padova e di fama internazionale, intervenendo a Quarta Repubblica, ha detto chiaro e tondo che la seconda ondata non è paragonabile alla prima. Questo non significa che dobbiamo allentare le precauzioni – tutt’altro – visto che andiamo incontro al periodo in cui i virus presenti nel raffreddore e nell’influenza viaggiano e si diffondono maggiormente. «Se c’è una crescita esponenziale della curva – ha spiegato il professor Palù – bisogna guardare alle ragioni della crescita, visto che le misure tipo distanziamento e mascherine sono rimaste invariate. Gli eventi che hanno fatto lievitare la curva sono concise nelle date del 14 e 24 settembre, cioè l’apertura della scuola con 8 milioni di studenti in circolazione sui mezzi di trasporto. È questo il primo dato inconfutabile della crescita della diffusione del virus».
Secondo il virologo non si possono fare confronti con i numeri di marzo. Perché se – sottolinea Palù come esempio – abbiamo 237 mila persone contagiate, 1200 sono in terapia intensiva (0,5%), 12 mila sono in ospedale (pari a circa il 5% di cui il 20% non è grave). Al di fuori quindi c’è un 94% dei contagiati che risulta asintomatico o paucisintomatico, cioè con un po’ di raffreddore, qualche colpo di tosse, mal di gola. In questo caso rimanere a casa è fondamentale senza andare ad affollare gli ospedali, dove il virus circola di più, e si toglie la possibilità di cure a persone con patologie più gravi e una mortalità più alta.
Giorgio Palù non è in linea con gli altri virologi che chiedono chiusure totali. Anzi, secondo lui un nuovo lockdown aumenterebbe rischi di casi di affamati e depressi. Per abbassare i contagi sarebbe fondamentale ridurre gli assembramenti prima di tutto sui mezzi di trasporto e poi intensificare i controlli con tamponi rapidi antigenici nei porti, Lampedusa e Pozzallo, aeroporti, in fabbriche e scuole per individuare gli asintomatici e intensificare il più possibile lo smart working.
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