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C’è voluta una lunga campagna di smascheramento per sgretolare omissioni, manipolazioni, pregiudizi bilaterali. Ma ora è scritto nero su bianco. E ad ammetterlo sono gli stessi che per anni si sono rifugiati dietro tecnicismi e vertiginose negazioni: i fabbisogni standard dei comuni delle regioni del Sud dovranno crescere del 67 %. Lo ha stabilito la Commissione tecnica del Sose, (Soluzioni per il sistema economico, società controllata dal ministero dell’Economia per l’88% e per le restanti quote dalla Banca d’Italia).
La decisione avrà due effetti immediati: rovescerà i criteri adottati finora nelle valutazioni delle funzioni e dei servizi forniti dagli enti territoriali di prossimità, cioè i Comuni e al tempo stesso determinerà la ripartizione del fondo di solidarietà 2021 per i comuni delle regioni a statuto ordinario. Tradotto vuol dire 650 milioni in più per la spesa sociale e in gran parte a favore dei comuni del Sud.
Ma anche i comuni delle regioni del centro vedranno un incremento del 12 %, mentre i comuni delle regioni del Nord/ovest un decremento del 1,6% e i comuni delle regioni del Nord-Est un decremento dei fabbisogni del 6%.
Viene dunque rovesciato quel principio che se un territorio non offre un servizio vuol dire che non serve. Un criterio a lungo utilizzato per negare al Mezzogiorno le risorse necessarie a garantire il cosiddetto minimo sindacale.
NASCE L’INDICE COVID DI AGGRAVIO SANITARIO
Una svolta epocale? In un certo senso sì. Se non fosse che già altre volte agli annunci sono seguite docce gelate o entrate a gamba tesa.
Uno studio, sempre del Sose, ha messo a fuoco “l’indice di aggravio sanitario” determinato dalla pandemia. Un complesso rapporto che prende in considerazione vari parametri, ospedalizzati, posti letto, numero medi di casi di contagio, con una lunga serie di variabili. L’obiettivo finale è quantificare l’impatto che la prima ondata ha avuto sul tessuto sociale e sul reddito di aziende, persone fisiche, dipendenti in relazione alle spese dei comuni italiani. A livello nazionale la riduzione media è del 18,69%. Pe rle aziende è del 5,43%. Dati parziali e già da rivedere purtroppo in seguito alla seconda ondata.
È un fatto però che la Commissione Tecnica abbia approvato u nuovi fabbisogni e che verranno utilizzati per determinare il Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2021. Per anni, in attesa dei Lep, ci si è nascosti dietro calcoli “sballati”.
La determinazione dei fabbisogni standard nasce per misurare le necessità degli enti locali a garantire servizi adeguati ai cittadini. Il confronto tra fabbisogni standard e capacità fiscale serve poi a commisurare l’entità delle perequazione. Peccato che non è andata cosi. Con il meccanismo della spesa storica – come più volte denunciato da questo giornale – si è finanziato solo l’esistente. Se in un Comune – per fare l’esempio più noto – l’asilo c’era allora vuol dire che era essenziale e dunque meritevole di finanziamento. E se non c’era? Pazienza. Zero finanziamenti. Un obbrobrio storico. Uno scippo in palese violazione di qualsiasi principio costituzionale.
UNIFORMARE I SERVIZI SUL TERRITORIO NAZIONALE
Da cosa nasce il ricalcolo? I nuovi fabbisogni prevedono l’adozione di nuove metodologie in particolare per le funzioni sociale e ambiente e territorio. Ciò comporta variazioni soprattutto per la funzione sociale dove vi è stato un vero e proprio stravolgimento rispetto alle stime precedenti.
Per la Sose – una Spa finita in questi giorni nell’occhio del ciclone per i presunti incarichi d’oro, collaborazioni da 247 mila euro l’anno a un pensionato co.co.co e per le acrobazie dell’ad Vincenzo Atella, un docente dell’univesità Tor Vergata, che si sarebbe auto-nominato direttore generale – si tratta di una vera e propria inversione di tendenza. I filo conduttore che ha guidato le scelte della commissione per la funzione sociale è stato quello di prevedere una uniformazione del livello dei servizi, in tutto il territorio delle regioni a statuto ordinario.
In alcuni punti il report della Ctfs sembra scoprire l’acqua calda. Ad esempio, quando, in base all’analisi dei dati desunti dal questionario e dai differenti livelli di spesa per il Settore sociale, riconosce le sostanziali differenze nell’erogazione dei servizi lungo l’intero territorio nazionale. In molti comuni l’intensità i – ma meglio sarebbe dire l’inesistenza dei servizi – è così bassa da apparire del tutto inadeguata a quanto richiesto per la tutela dei diritti civili e sociali.
Ciò ha spinto la CTFS a definire “regole di normalizzazione” prendendo come riferimento “il livello di servizi e i costi delle realtà più virtuose”. Per rendere più credibili e robusti i risultati, si è per la prima volta innovato il meccanismo metodologico scegliendo non più una sola provincia come riferimento ensì un gruppo di province “benchmark” ritenute particolarmente efficienti per aver offerto nel triennio di analisi un livello di servizi superiore alla media nazionale a fronte di una spesa inferiore alla media.
RISARCIMENTO TARDIVO
Queste scelte hanno determinato l’incremento delle risorse necessarie per poter garantire i fabbisogni standard dei comuni per poter erogare i servizi relativi alla funzione sociale, risorse che sono state stimate in un maggior fabbisogno, a regime, di circa 650 milioni di euro in più rispetto alla spesa storica di riferimento della funzione sociale. L’individuazione di un livello uniforme del servizio, individuando dei gruppi di comuni benchmark di riferimento (aggregati per provincia) ha determinato una forte variazione dei fabbisogni standard. In alcuni comuni del Sud l’assegnazione del fabbisogno raddoppia la spesa storica. Un risarcimento tardivo (meglio tardi che mai).
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