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Il pm di Milano Marcello Tantangelo, nel processo con al centro la morte di Lea Garofalo che venne uccisa e sciolta nell’acido, ha chiesto sei ergastoli per i sei imputati. Per l’accusa devono essere condannati al carcere a vita l’ex compagno della donna, Carlo Cosco, e gli altri cinque complici. Il pm, in particolare, ha chiesto l’ergastolo con isolamento diurno di 18 mesi per Carlo Cosco, l’ex compagno di Lea Garofalo, per i suoi due fratelli Giuseppe e Vito Sergio Cosco, per Carmine Venturino, per Rosario Curcio e per Massimo Sabatino. Tutti accusati, a vario titolo, del sequestro e dell’uccisione della donna calabrese, che venne sciolta in 50 litri di acido nell’hinterland milanese nel novembre del 2009, perchè, secondo l’accusa, Carlo Cosco e il fratello Giuseppe temevano che lei sapesse e avesse rivelato agli inquirenti dei particolari su un omicidio avvenuto nel 1995. Ad ascoltare la requisitoria del Pm, in un corridoio nascosto tra l’aula e la camera di consiglio, c’era anche la figlia di Lea, Denise, 19 anni, parte civile contro il padre e uno dei testi fondamentali dell’accusa. «Sono dei vigliacchi, si sono messi in sei contro una donna». Con queste parole Tatangelo si è rivolto ai giudici della prima corte d’assise, riferendosi ai sei imputati, mentre il magistrato chiedeva sei ergastoli per gli imputati, ha mostrato su un telone alcune foto della ‘testimone di giustizià, dicendo alla corte: «Date giustizia a questa donna». Il pm ha chiesto a giudici di non concedere le attenuanti ad alcuno degli imputati «anche se certi sono incensurati». Secondo il pm, infatti, «chi non ha premuto il grilletto non è migliore degli altri e non può differenziarsi in un delitto orrendo come questo, caratterizzato da crudeltà inumana e pervicacia». È orrendo, ha aggiunto il magistrato, «pensare a una donna indifesa, legata, torturata, a cui hanno sparato in testa». E’ orrendo, ha proseguito ancora il Pm, «pensare a un padre che sfrutta il desiderio della figlia di avere una felpa». E infatti, nella sua requisitoria, durata oltre 14 ore, il magistrato ha chiarito che Carlo Cosco riuscì a ‘invitare Denise e Lea a Milano quei giorni di novembre del 2009, facendo lega sul fatto di acquistare dei vestiti alla figlia. La donna, in quei giorni era già fuori dal programma di protezione (aveva deciso di uscirne nella primavera 2009) perchè stava cercando “un contatto» con l’ex compagno «per vedere se riusciva a continuare a vivere». Secondo il pm, infatti, Cosco, aveva deciso di ucciderla sin dal 2001. Nell’ultima parte della sua requisitoria, il magistrato ha parlato anche della consulenza, firmato da un noto professore, “su come si scioglie un corpo in acido». Nella relazione viene chiarito che per sciogliere un corpo di 50 chili nell’acido devono passare circa 3 giorni. I tabulati dei telefoni degli imputati, ha spiegato ancora il pm, hanno certificato la presenza di alcuni di loro per tre giorni nel magazzino nell’hinterland milanese dove sarebbe stato commesso il macabro omicidio.
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