Un autoritratto di Antonio Ligabue
3 minuti per la letturaNei grandi musei italiani Antonio Ligabue non è mai entrato. Eppure il riconoscimento del suo valore è stato unanime. Ma le convenzioni sono state più forti, e la sua visione solitaria, diversa, anomala lo ha reso un’anima estranea alle finzioni dei conformisti, pronti a seguire le mode.
Ligabue parla della vita, della sua vita, del suo rapporto con il mondo e con la natura. Ligabue urla, come Van Gogh, come Munch. Parla per sé, parla per tutti. L’arte è questo, non quello che decidono i burocrati. Ora, superando la barriera dei pregiudizi,
Ligabue arriva a Palazzo dei Diamanti, e grida dalle pareti di un museo. Non avrebbe potuto pensarlo, nei giorni e nelle notti del suo tempo difficile, disperso nelle campagne, tra solitudine e disperazione.
Lì dove ha rappresentato una festa nella foresta, nei boschi della golena di Gualtieri dove si nascondono gli animali feroci della sua immaginazione infantile, che improvvisamente irrompono tra la golena chiusa e la golena aperta, separate da un argine più basso dell’argine maestro.
La parte chiusa tra i due argini accoglie coltivazioni agricole, quel semplice mondo contadino che Ligabue descrive, con alcune case coloniche e un borgo abitato da “Sabiaroli ” e animali domestici. La parte aperta, verso il fiume, è occupata da folti boschi di pioppo interrotti da macchie di essenze autoctone, laghi formati in cave abbandonate, in cui vivono e si riproducono diverse specie faunistiche e vegetali, quelle reali e quelle immaginate da Ligabue.
Intorno, tra Gualtieri, Boretto e Guastalla, si incontrano l’Isola degli Internati, il Lago azzurro, i Caldarèn, la via Alzaia, la cava del Piattello, mentre, dalla golena, si vedono il profilo delle torri e il palazzo di Gualtieri spuntare dall’argine maestro: trasfigurati li troviamo nei dipinti di Ligabue.
In questi luoghi reali che sembrano immaginari irrompono dalla memoria montagne lontane, torri e castelli di paesi nordici, aquile reali assalgono volpi, tigri sbranano scimmie, leopardi azzannano gazzelle. Poi tutto torna tranquillo in placidi idilli con animali domestici e nella serena vita contadina nei campi. Ciò che più sorprende, in questi racconti, placidi o violenti, sono le tempeste di neve, che si abbattono su fragili slitte che affrontano una Siberia inventata.
Ligabue incarna quel genio artistico che, nella sua assoluta istintività, nella sua arcaica complicità con la natura, è in grado di inserirsi a pieno titolo nell’arte contemporanea. Proponendo un linguaggio figurativo che parla di cose semplici. Il mondo, nelle sue varie situazioni, è una continua sorpresa che il pittore osserva con rinnovato stupore, restando sempre dalla pare della vita con assoluta, infantile, innocenza. Così Ligabue piace, piace a tutti, soprattutto ai bambini. Ora Ligabue è Ferrara, nel più bel palazzo del Rinascimento, per non consentirci di chiuderlo, con tutto il suo stupore per il mondo, e consacra questi spazi, prima che su essi cali il silenzio.
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