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di PARIDE LEPORACE
Scusate ma non sopporto chi in Basilicata mette se e ma. C’è chi non si ritrova in questa opportunita’ di Papaleo conduttore della piu’ mastodontica macchina di spettacolo italiano. Perche’ la neve, i problemi reali, l’oppio dei popoli, il complotto, la vita agra e chissà cosa ancora. A noi Rocco Papaleo, invece, piace. Perche’ guarda al lato nascosto delle cose. Il nostro cronista di spettacolo, Francesco Altavista, su queste colonne ha la bella costumanza di chiudere tutte le sue interviste chiedendo cos’e’ la bellezza. Un giornale lucano e il suo pubblico in questi tempi, a nostro modo di vedere, hanno bisogno anche di bellezza e poesia. Quando dal teatro Ariston, durante la dirompente prima serata, nella diretta su FB ho sentito e trascritto: “Desideri, treni che non passano, il mio paese, mio padre morto. La memoria e il treno del sole nascente, la nazionale femminile di pallavolo” i “mi piace” hanno cominciato a girare come una slot del vicino casinò. Lucani e non solo,in questo nuovo rito di massa che vede tutti connessi in tempo reale attorno all’evento che catalizza la scena pubblica, si sono ritrovati nel lirismo del post suscitato da questo stralunato vilain che piace per come sta sulla scena. Quel testo ha molto di Papaleo e su quel grande palco che ti fa venire la strizza lui e’ rimasto Rocco. Il caso vuole che la punta piu’ alta di audience si sia registrata al suo apparire in loden. Era l’ansia di Celentano a far salire milioni di spettatori. Ma siamo contenti che sia avvenuto. Come quando andiamo all’estero e troviamo uno del nostro paese, questa volta nel villaggio globale dello spettacolo grazie a Rocco Papaleo c’era la Basilicata come non c’era stata altre volte con i suoi pur bravi cantanti. Vito Riviello e’ un grande poeta italiano. Non lo sostengo io ma un celebre critico della letteratura come Giulio Ferroni. Un poeta giocoso nato a Potenza e poi vissuto a Roma e grande amico di Beniamino Placido. Io credo che e’ stata la sensibilità ‘ lucana di Papaleo ad imporre la citazione di Riviello, non mi sembra sia farina di autori alla Moccia. Papaleo poteva rimanere un maggiordomo di Morandi e Celentano. E’ stato geniale invece nell’ acclamare Adriano come Immensita’, che è poi l’hit del grande rivale del molleggiato, Don Backy. E ieri mattina anche in una conferenza stampa tesissima quando ha scelto il pedale dell’autoironia e si e’ messo a far lui domande di senso alla falange dei giornalisti presenti, abbiamo visto un uomo di spettacolo che cerca di restare umano. Il rischio e’ adesso. Non farsi stritolare dalla macchina, rimanere Rocco Papaleo che dalla periferia ha conquistato qualcosa che ama condividere con gli altri. Ricordate forse un conduttore che ha mai parlato della sua guardia del corpo con parole come “Michele mi segue come un’ombra buona”. Lui che forse e’ di sinistra e’ piaciuto molto alla critica di destra incarognita con Celentano e la Rai dei coltelli tra i denti. Tony Damascelli, critico del Giornale di Sallusti, gli ha assegnato il voto piu’ alto della serata dicendo che e’ un attore vero, regista astuto,amaro lucano per finzione scenica”. Semplice e immediato come un campione. E anche Alessandra Menzani, di scuderia Belpietro, ha scritto: “Intimidito ma simpatico”. Ma questa e’ critica. Per chi conosce lo strumento fatevi una ricerca su Twitter, la moderna consultazione di massa in tempo reale vi fara’ vedere il consenso e il gradimento per Rocco Papaleo. Non serve a nulla ma ti fa stare bene e ti fa riflettere su chi sei e dove vivi. A chi ama il muso lungo offro invece un serio momento di riflessione legato ad una notizia sanremese. La telepromozione di due minuti dell’Eni, andata in onda poco prima che apparisse il predicatore Celentano, e’ stata pagata un milione e settantamila euro. Trenta secondi di Basilicata legati a Rocco Papaleo non si potevano avere per chi offre petrolio alla bolletta nazionale. Almeno i francesi della Total hanno finanziato il film che ha meglio promosso il nostro territorio”coast to’ coast”. Buon festival a tutti i lucani vicini e lontani.
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