1 minuto per la lettura
di ELISABETTA TRIPODI
OGGI non è più il tempo di tacere. Sono molto turbata dalla vicenda di Maria Concetta Cacciola e dalla sua tragica fine. Subito dopo la sua morte, intervenendo in un convegno a Falerna, organizzato dal giudice Romano De Grazia e dal Centro Studi Lazzati, dissi che ciò che mi aveva colpito di questa donna e di altre donne con storie simili, era la speranza di sottrarre i propri figli ad un destino già scritto, ineluttabile dove regole distorte ed arcaici codici di finto “onore” decidono della vita delle persone, costituiscono il modello dove il padre, il marito, il fratello è il dominus delle scelte delle donne della famiglia. Da donna, e da donna di Rosarno, non posso che apprezzare l’iniziativa del direttore del Quotidiano della Calabria di dedicare l’8 marzo a coloro che si sono ribellate, a tre donne che possono diventare con le loro tragiche storie, simbolo di una terra e di una comunità che dice basta, bisogna cambiare. Ma per cambiare e perché le scelte di queste donne non siano state vane occorre che dopo le tante parole di questi giorni seguano i fatti; occorre che la società, la società civile che spesso resta passiva si svegli, faccia sentire la propria voce. Tutti noi dobbiamo compiere un atto di coraggio collettivo se veramente vogliamo dare ai nostri figli una Calabria diversa. Per questo non è più tempo di tacere.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA