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di PARIDE LEPORACE

La giustizia in Basilicata è malata. Molti fanno i distratti. Meglio enucleare i fatti. Si resta basiti nel leggere la relazione della Dna del procuratore Grasso che accusa la procura di Matera di sottovalutare la presenza mafiosa nel Metapontino. Eppure gli uffici giudiziari di Matera sono governati da un autorevole procuratore che a Milano si è molto distinta per leonine indagini contro cosche e ‘ndrine, quando nessuno si occupava di tali fenomeni. Speriamo non si tratti di Risiko togati che vanno a muoversi in caselle periferiche prima delle grandi battaglie, un po’ come accadde per Toghe lucane, oggi aggiornata in versione bis con magistrati e forze dell’ordine che chiedono di essere interrogati in un’inchiesta presto sparita dai media nazionali. Se questo è il bollettino delle procure meridiane non dimentichiamo il brogliaccio esoterico di quelle parallele. Recentemente, don Marcello Cozzi, in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno, ha parlato di una “procura parallela” che avrebbe ordito complotti contro di lui e la sua Fondazione antiusura. Don Cozzi è leader dell’antimafia militante, scrive libri e articoli e non usa le parole a vanvera. E’ solo una coincidenza linguistica che adoperi lo stesso termine denunciato dal defenestrato Erminio Restaino nelle celebre riunione della direzione regionale del Pd che molti vorrebbero archiviare? Il presidente De Filippo alla vigilia del varo della nuova giunta ha parlato di “un sistema che soffia sul fuoco e che cerca colpevoli e complotti ad ogni costo”. Non è tempo di pulpiti. Bisogna scrutare nei territori incerti del Palazzo e individuare le strategie del male. Per riaffermare le procure meridiane e sconfiggere quelle parallele.

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