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di SERGIO MAURO
Sul quotidiano Il Giornale di martedì 17 gennaio scorso, nella rubrica il caso, il giornalista Nino Materi titolava il suo articolo in questo modo: “Così lo Stato regala ai petrolieri l’oro nero lucano”. Sintetizzando, il giornalista sostiene che il petrolio lucano ripianerebbe in gran parte il nostro debito pubblico. Faccio presente che per nostro debito pubblico Materi non fa mica riferimento al debito pubblico lucano ma bensì – udite udite – al debito pubblico italiano. Lo ripeto, per chi è duro di comprensorio, con il petrolio lucano si ripiana il debito pubblico italiano. Ora due sono le possibilità: o Materi è un folle, che non sa quello che scrive, o Materi dice solo e semplicemente la verità. Bene io propendo per la seconda possibilità e a tal proposito voglio sciorinare alcuni dati presenti nell’articolo: “In Basilicata ci sono i giacimenti petroliferi più grandi d’Europa su terraferma e attualmente circa il 90% del territorio della regione Basilicata ·interessato da perforazioni, da permessi di ricerca, di coltivazione e da istanze di permessi di ricerca delle compagnie petrolifere. Da 15 anni, nella Val d’Agri e nella Val Camastra, si estraggono 80 mila barili al giorno in cambio delle royalties più basse al mondo”. L’articolo, del pur bravo Nino Materi, prosegue confermando quanto da me già conosciuto, che la Basilicata riceve per il suo petrolio, che è pari all’80% della produzione nazionale di greggio e al 6% del fabbisogno energetico italiano, una misera aliquota del 7% sul valore dei barili prodotti: un’inezia, considerato ad esempio che Libia e Indonesia incassano l’85%, Russia e Norvegia l’80%, Alaska 60%, Canada 50%, Kazakistan e Nigeria 45%”. Orbene a tal proposito è opportuno fare alcune importanti precisazioni. La prima è che di questo 7% di royalties, che rappresentano una miseria, come spero abbiate ben compreso ma ne dubito, lo stato si fotte il 30% ed il resto va alla Basilicata e ai suoi comuni nella misura del 55% e del 15%. Come spiega bene il giornalista Materi la colpa, per questa elemosina, non è mica delle compagnie petrolifere ma della disonestà di tutti i politici di centrosinistra e di centrodestra che, da professionisti del settore, hanno chiesto il 7% ed hanno avuto il 7%. Mi auguro che un giorno la Magistratura, su queste combine faccia luce in maniera seria e approfondita. La seconda precisazione, quella più importante, è che con il petrolio lucano lo Stato italiano si è notevolmente arricchito, senza riconoscere un bel niente a noi lucani. Il vero affare del petrolio lucano, è sfuggito questo aspetto al bravo Materi, non sono le royalties, che rappresentano, in termini di guadagno, una parte molto piccola della torta dell’oro nero lucano. Questa percentuale del 7% viene calcolata sul valore dei barili estratti e non sul valore della benzina venduta nei distributori, ma sono le accise che lo Stato italiano incassa per ogni litro di benzina venduta alla pompa. Come noto la percentuale di accise o tasse che lo Stato prende su un litro di benzina è pari a circa il 70% del prezzo di vendita ergo se calcoliamo che oggi un litro di benzina costa mediamente ? 1.75, lo Stato incassa, senza colpo ferire, ? 1.22 per ogni litro venduto alla pompa. Se dalla nostra amata Lucania si estraggono 104.000 barili al giorno di petrolio grezzo, che corrispondono a circa 16.640.000 di litri trasformati in benzina e gasolio, moltiplicando 16,5 milioni di litri per ? 1,22 per 365 giorni, lo Stato italiano incassa circa 7,5 miliardi di euro all’anno. A regime in Lucania si arriverà ad estrarre oltre 200.000 barili al giorno il che significa quasi 15 miliardi di euro all’anno di accise dal petrolio lucano. Ma è mai possibile che l’oro nero lucano attiri le attenzioni di giornalisti del Nord Italia che vedono nel nostro petrolio la panacea per l’economia italiana, mentre nessuno, dalle parti nostre si ribella a questo stato di cose? Non parlo dei disonesti politici regionali che sono tutti protesi a non alterare lo status quo, ma parlo dei lucani, del popolo lucano che vede giorno per giorno la propria terra depauperarsi, che vede, giorno per giorno, emigrare i propri figli alla ricerca di un futuro migliore. Se quei 7,5 miliardi di euro di accise sul petrolio fossero lucani, la nostra regione cambierebbe volto. La Lucania potrebbe diventare la Dubai d’Italia. Non voglio credere e non voglio pensare che noi Lucani siamo un popolo di imbecilli. Non voglio. Caput imperare, non pedes.
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